Scompare la nuova tassa sugli extraprofitti degli importatori di gas. Nella versione finale del decreto taglia bollette approvato giovedì dal governo Draghi e pubblicato in serata in Gazzetta ufficiale è stato cancellato l’articolo 5 presente nelle bozze entrate in consiglio dei ministri. Quello che chiedeva alle società titolati di contratti pluriennali di importazione di versare da ora fino al marzo 2023 alla Cassa per i servizi energetici e ambientali un contributo del 10% sulla differenza tra il costo di approvvigionamento sui mercati all’ingrosso (componente che finisce in bolletta) e il prezzo medio previsto dai contratti di durata superiore a un anno, facendo salve solo le quantità immesse negli stoccaggi.

L’autorità di settore Arera avrebbe dovuto girare quei soldi ai consumatori sotto forma di sconti. Ma l’esecutivo all’ultimo ha fatto un passo indietro: leggendo il nuovo provvedimento anti rincari da 3 miliardi si scopre che gli aiuti a famiglie e imprese non saranno finanziati colpendo l’ipotetico extra margine delle imprese, bensì con il congelamento di fondi ministeriali tra cui quelli per restituzioni e rimborsi di imposte e per la competitività delle imprese. In attesa probabilmente di “ripianare” l’ammanco con il gettito Iva aggiuntivo incassato finora per effetto degli aumenti dei prezzi, a partire da quelli dei carburanti.

Non è dato sapere se l’intervento sia solo rinviato. In conferenza stampa il premier Mario Draghi e il sottosegretario Roberto Garofoli non hanno toccato l’argomento. Garofoli, rispondendo a una domanda sul versamento del primo acconto la cui scadenza era proprio giovedì, si è limitato a ostentare fiducia sulle stime di gettito della precedente norma sulla tassazione degli extraprofitti, quella inserita nel decreto Ucraina e la cui aliquota è stata aumentata con il 25% nel decreto Aiuti. In quel caso la base imponibile, come raccontato da ilfattoquotidiano.it, non è in realtà costituita da profitti bensì dal maggior margine imponibile Iva realizzato tra ottobre 2021 e aprile 2022 rispetto al periodo ottobre 2020-aprile 2021. Secondo il Mef garantirà introiti per 11 miliardi, cifra che molti analisti giudicano sovrastimata.

Peraltro dal “Monitoraggio dei contratti di approvvigionamento destinati all’importazione di gas in Italia” girato dall’Arera a governo e Parlamento a metà giugno è emerso che i costi medi di importazione del gas sono grossomodo allineati a quelli del mercato all’ingrosso e ai prezzi finali di tutela: “L’analisi condotta e le informazioni rese disponibili sui meccanismi di gestione del rischio da parte degli operatori”, scriveva l’authority, “rendono evidente come il costo di approvvigionamento dall’estero del gas tenda a mantenere andamenti coerenti con il valore del gas sul mercato all’ingrosso, ma anche come l’identificazione di eventuali “extraprofitti” vada affrontata considerando anche tutti i costi ed i margini che si generano lungo la filiera e che ricadono sui clienti finali”. Il presidente Stefano Besseghini successivamente ha chiarito che “nella filiera nazionale identificare con precisione eventuali extraprofitti è complicato ma sarebbe utile, probabilmente, avere una visione dei bilanci consolidati: sarebbe forse l’unico meccanismo sensato per arrivare ad una definizione certa”.

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