C’è anche l’attuale amministratore delegato di Autostrade, Roberto Tomasi, nella lista dei testimoni che la Procura di Genova ha chiesto di ascoltare nel dibattimento del processo sul disastro del ponte Morandi, che inizierà giovedì 7 luglio. Il nome di Tomasi è al numero 103 di un elenco di 178 persone, e fa parte dei nove chiamati a deporre “sulla gestione di Aspi” nel periodo precedente il crollo del 14 agosto 2018, quando Tomasi era direttore generale: nei piani dei pm Massimo Terrile e Walter Cotugno, dunque, dovrà testimoniare contro il suo predecessore alla guida della società, Giovanni Castellucci, e dei suoi vice Michele Donferri Mitelli e Paolo Berti, i più importanti tra i 59 imputati. In particolare, nell’atto depositato dai pm, si legge che la testimonianza riguarderà il “suo ruolo e sue funzioni in Aspi”, i “controlli sulla sicurezza delle opere d’arte della rete, gli “esiti delle ispezioni” e il “confronto di tali esiti con quelli evidenziati da Spea (la controllata che si occupava delle manutenzioni, ndr) prima del crollo”, l'”andamento dei voti (sulla sicurezza delle infrastrutture, ndr) pre e post-crollo” e le “ragioni dell’estromissione di Spea dalle attività di sorveglianza e ispezione”.

Oltre a Tomasi, la Procura ha citato anche Gianni Mion, ex presidente di Edizione, la holding dei Benetton che raggruppa le partecipazioni della famiglia veneta (comprese quelle, ora cedute, in Atlantia e quindi in Aspi). Nelle sommarie informazioni rese ai pm in fase di indagine, Mion ha rivelato che i vertici di Aspi, Castellucci compreso, erano a conoscenza del difetto costruttivo del viadotto (nella loro tesi invece “occulto”), ma nonostante ciò sceglievano di “autocertificare” le condizioni di sicurezza della struttura. E nelle intercettazioni dell’indagine parallela sulle barriere fonoassorbenti lo si ascolta dare giudici sferzanti sui Benetton (definiti “inetti”) e sulla loro politica di manutenzioni al risparmio per aumentare gli utili. Ora dovrà testimoniare proprio sui “suoi rapporti con Castellucci e la famiglia Benetton”, oltre che su “ogni dichiarazione resa in indagini”. Nell’elenco dei pm ci sono anche gli ex ministri delle Infrastrutture Antonio Di Pietro e Graziano Delrio (sui doveri di vigilanza del ministero e dell’Anas).

I testimoni richiesti sono divisi in 18 “settori”: oltre a quelli “sulla gestione di Aspi” ci sono quelli “sulle consulenze Aspi-Spea“, “sui progetti di retrofitting“, tra cui quello della pila crollata mai attuato, “la vigilanza da parte di Anas e Mit”, poi “i periti”, “i consulenti tecnici”, “la polizia giudiziaria”, “i testimoni oculari“, le vittime di “lesioni personali cagionate dal crollo”. Tra questi ultimi c’è Luigi Fiorillo, l’autista del camion della catena di supermercati Basko rimasto sulla carreggiata a pochi metri dall’orlo della voragine. Rispetto alle “consulenze Aspi-Spea” si è invece chiesto di ascoltare il professor Carmelo Gentile del Politecnico di Milano, autore di una consulenza del 2017 che evidenziò il comportamento anomalo dello strallo lato mare lato Genova della pila 9, quello poi crollato. Oltre ai pm, anche difese e parti civili stanno depositando le proprie richieste: Assoutenti, per esempio, vorrebbe ascoltare l’ex premier Giuseppe Conte e tutti i ministri delle Infrastrutture succedutisi dal 1998 al 2018 sulla questione della concessione ad Aspi. La decisione sull’ammissibilità spetterà al collegio presieduto da Paolo Lepri, con i giudici a latere Ferdinando Baldini e Fulvio Polidori.

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