L’Europa deve prepararsi immediatamente a uno stop completo delle forniture di gas russo questo inverno. Mentre Berlino si prepara a passare al livello di allarme, il capo dell’Agenzia internazionale per l’energia Fatih Birol in un’intervista al Financial Times avverte la Ue: “Dovrebbe essere pronta nel caso in cui il gas russo fosse completamente tagliato”. La riduzione delle forniture decisa da Gazprom la scorsa settimana può essere una premessa di altri tagli nel tentativo di Mosca di usarla il gas ‘leva’ per la guerra all’Ucraina. L’Iea, ricorda l’Ft, lo scorso anno è stata tra i primi organismi ufficiali ad accusare pubblicamente la Russia di manipolare le forniture di gas all’Europa in vista dell’invasione. Dopo l’allarme di Birol il prezzo del gas al punto di scambio di Amsterdam ha ripreso a salire fino a superare quota 130 euro al MWh.

“Più ci avviciniamo all’inverno, più comprendiamo le intenzioni della Russia – ha aggiunto Birol -, credo che i tagli siano orientati a evitare che l’Europa riempia i depositi e ad aumentare la leva della Russia nei mesi invernali”. Secondo Birol, “le misure di emergenza adottate questa settimana dai paesi europei per ridurre la domanda di gas, come l’accensione di vecchie centrali elettriche a carbone, sono state giustificate dall’entità della crisi, nonostante le preoccupazioni per l’aumento delle emissioni di carbonio”. Inoltre gli stati europei dovrebbero cercare di ritardare la chiusura di tutte le centrali nucleari destinate allo stop per contribuire a limitare la quantità di gas bruciato nella produzione di energia elettrica. “Penso che ci saranno misure sempre maggiori e profonde sulla domanda”, da parte dei governi in Europa “con l’avvicinarsi dell’inverno”, prevede il numero uno Iea, affermando di ritenere una possibilità reale i razionamenti in caso di ulteriori tagli. In un rapporto dell’Iea sugli investimenti in uscita oggi emerge che i governi non stanno ancora facendo abbastanza e che gli investimenti energetici totali dovrebbero crescere quest’anno dell’8% a 2.400 miliardi di dollari, soprattutto sulle rinnovabili. Senza politiche per ridurre significativamente il consumo di combustibili fossili, il mondo continuerà ad affrontare pericolose oscillazioni dei prezzi del petrolio e del gas, ha affermato poi Birol.

In Germania secondo Die Welt il governo si prepara a dichiarare entro pochi giorni il livello di “allarme” del piano nazionale di emergenza gas dall’attuale fase 1 di “preallarme”, dichiarata a fine marzo. In Italia invece martedì il Comitato tecnico di emergenza sul gas del Ministero della Transizione ecologica ha consigliato al ministro Roberto Cingolani di non alzare il livello da preallerta ad allerta. Cingolani vedrà le società energetiche, Eni ed Enel in testa, prima di decidere. Il Comitato è formato dai dirigenti del Mite e da rappresentanti dell’autorità per l’energia Arera e dalle società di trasporto del gas e dell’elettricità, Snam e Terna. Quello che è emerso è che la situazione degli stoccaggi è buona (siamo al 55%). Nonostante il taglio del 15% della fornitura dalla Russia, rimane possibile arrivare al traguardo del 90% a fine anno. Un livello che permetterebbe di affrontare l’inverno con tranquillità, in attesa che dal prossimo anno arrivino le nuove forniture da Algeria, Azerbaijan e Africa.

Secondo il Comitato, l’attuale livello di preallarme consente di prendere tutte le misure necessarie, affidate solo alle aziende energetiche e non allo Stato: aumento delle importazioni, stop alle forniture interrompibili, impiego di combustibili alternativi. Il Ctem ha anche stabilito di acquistare più carbone, per avere una scorta di combustibile in vista dell’embargo a quello russo ad agosto. Non saranno riaperte centrali dismesse ma quelle in funzione continueranno a lavorare, risparmiando gas per la produzione elettrica e destinandolo agli stoccaggi. Cingolani ha spiegato che l’esecutivo pensa a garanzie pubbliche per favorire l’accumulo di scorte. “Dobbiamo lavorarci – ha detto -. Un anno fa 1 metro cubo di gas costava 20 centesimi, adesso costa 1 euro. Dobbiamo immagazzinare 10 miliardi di metri cubi: un anno fa ci volevano 2 miliardi di euro, ora ce ne vogliono 10. Siccome le linee di credito rimangono quelle, per gli operatori è un rischio”.

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