Elisa Di Francisca si ritira. A 39 anni la campionessa olimpica a Londra e argento a Rio lascia la scherma, nella sua Jesi. Forte, in pedana e nel carattere la Di Francisca: che si è raccontata in un libro Giù la maschera e in una lunga intervista a Repubblica. Ha raccontato dell’ex allenatrice, Giovanna Trillini, che non sarà a Jesi per la festa d’addio: “Si è offesa per quello che ho scritto nel libro e non mi parla più. In realtà a voce le ho detto anche peggio: è una brava maestra, ma un’eterna seconda, si mette nell’angolo da sola e poi si lamenta che non viene considerata”. Mancherà anche Valentina Vezzali: “Non l’ho invitata, meglio non perda tempo (è Sottosegretario allo Sport ndr), pensi a lavorare per lo sport italiano e fare in modo che istruzione e attività fisica non siano nemiche”. Su Vezzali e Trillini però dice anche: “Devo molto al loro esempio: a Jesi erano in palestra anche a Natale ad allenarsi, a rimettersi in discussione. Posso non andarci d’accordo, ma quella fame la rispetto”. Che non le mandi a dire è noto, e infatti la Di Francisca parla anche del ct Stefano Cerioni: “Mi ha chiesto di non scrivere niente. Come posso star zitta? Ho risposto. Parlo di mio padre e non parlo di te che stavi con me e che sei andato ad allenare in Russia la mia nemica Deriglazova che mi ha battuta in finale a Rio?”. Ma la scherma già le manca: “Ogni secondo: mi manca il procedimento mentale che c’è dietro alla maschera, il fatto che devi trovare una soluzione, che devi confrontarti con chi hai davanti”. Eppure a Tokyo poteva esserci ma: “Ho preferito di no, c’era la pandemia, la gente moriva e mancava ancora il vaccino: ho avuto paura di risultare positiva e non poter tornare da mio figlio Ettore. Forse avrei potuto vincere una medaglia, ma non vado alle competizioni per partecipare. Rispetto la scelta diversa di Federica Pellegrini e Aldo Montano, ma io non sono così”. Ed ora: “Farò un corso federale per diventare istruttrice di bambini: vedremo se sarò in grado. Mi piacerebbe trasmettere valori: sacrificio, sudore, allenamento. Far capire che la sconfitta insegna e il successo ha tutt’altro sapore”.

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