Il processo Depp vs Heard è giunto alla conclusione con un verdetto finale che di fatto era già stato emesso sui social fin dalle prime battute.

E’ stato forse il primo processo, nell’era dei social, ad essere seguito a livello mondiale. E Amber Heard, come nessuna prima, è stata oggetto di una gogna globale dove l’opinione più che legittima di considerarla attendibile o non attendibile, vittima di violenza o autrice di violenza, sincera o bugiarda, o ancora, coinvolta in una relazione dove le violenze erano reciproche, è stata travalicata da un odio e da una violenza verbale che va al di là della stessa protagonista.

Nemmeno Harvey Weinstein, condannato per aver commesso molestie e violenze sessuali, o Jeffrey Epstein, che abusò di centinaia di adolescenti, furono investiti da un odio così feroce. Quali possibilità aveva Amber Heard di un giudizio equo se il tribunale della Virginia ha permesso che il processo fosse pubblico? Avrebbe dovuto testimoniare di aver subito violenze sessuali e particolari intimi, perché non farlo a porte chiuse?

E quali chance aveva Amber Heard se è stata giudicata da una giuria che non è mai stata isolata. La giudice aveva raccomandato ai giurati di non leggere i giornali e di non navigare sui social ma ben difficilmente questi saranno stati all’oscuro di cosa stava accadendo sul web e di come l’attrice fosse massicciamente demonizzata.

Citata in giudizio da Johnny Depp per aver scritto sul Washington Post che era “un personaggio pubblico vittima di violenza domestica”. Undici parole senza nessuna menzione dell’ex marito. Il tribunale della Virginia l’ha condannata a pagare 15 milioni di dollari (poi ridotti a 10 milioni e 350mila) per aver fatto quelle dichiarazioni in malafede. A sua volta Depp è stato condannato al risarcimento di 2 milioni di dollari per aver dichiarato attraverso il suo legale, Adam Waldman, che la denuncia di violenza domestica fosse “un imbroglio”. Ma se la sua denuncia di violenza domestica non era un imbroglio per cosa è stata condannata Heard se non per aver scritto pubblicamente di aver subito violenza?

Diverse testate americane hanno preso parola per riflettere in quale contesto si sia consumato il processo. Si può persino toccare con mano la misoginia che è stata vomitata sulla rete e come sia stata cavalcata grazie ad un processo che al di là dei protagonisti, è diventato il regolamento di conti con il MeToo e scaricare il risentimento contro le donne che hanno svelato violenze.

In tutte le fasi del processo, Amber Heard è stata vivisezionata. Sono state passate al setaccio le sue espressioni del volto, improvvisati interpreti della mimica facciale hanno sciorinato la verità in tasca, dicendo che leggevano sul suo viso le menzogne. Esposta a un victim blaming mondiale, è stata collettivamente scimmiottata senza alcuna empatia, quando in lacrime testimoniava sulle violenze. L’odio è montato fino alle minacce di morte rivolte anche alla figlia piccola. E’ stata condannata dall’opinione pubblica per ogni errore che ha commesso, per l’uso di droghe, per ogni parola cattiva che ha rivolto a Depp fino a diventare (o lo era già fin da prima del processo?) la strega da bruciare. E Depp?

Depp che fantasticava di bruciarla e di far scempio del suo cadavere? Nel processo sono emersi molti lati oscuri che gli sono stati perdonati con molta indulgenza. E’ noto il suo consumo di alcol e droghe, fin da quando 20 anni fa, ai tempi della relazione con Kate Moss, distrusse una camera d’albergo perché aveva visto (così disse) un armadillo uscire da un armadio, eppure gli episodi di violenza a lui ascritti dalla Amber sono stati giudicati inesistenti. Anche se è altrettanto noto quanto l’abuso di alcol e droghe porti a comportamenti violenti, paranoidi e ossessivi. Quanto alle parole denigranti e violente che lui aveva rivolto contro la moglie quando si dilettava a umiliarla con amici scrivendo messaggi quali: “Una ‘fica floscia, inutile, penzolante e consumata’”? Tutto condonato. Ogni ombra che si allungava su di lui veniva respinta dal muro dell’opinione pubblica che già sapeva che lei era un mostro.

Sul Washington Post, Elahe Izadi e Sarah Ellison hanno ricordato come Depp avesse perso la causa contro il Sun che lo aveva definito “picchiatore di mogli” perché il giudice anglosassone che aveva ascoltato la testimonianza di Heard l’aveva giudicata attendibile riconoscendo che fossero reali 12 episodi di violenza su 14; inoltre hanno analizzato le strategie dei legali di Depp che avrebbero funzionato poco con un giudice ma che sono risultate molto efficaci con una giuria. Su The Guardian, Jill Philipovic scrive: “Si può credere che Amber Heard sia il diavolo incarnato e Johnnny Depp un agnello sacrificale ma nonostante questo ci si può rendere conto che l’unica lettura corretta delle parole di Heard nel Post secondo la legge statunitense che garantisce a tutti noi libertà di parola, è che le parole di Heard semplicemente non soddisfano i requisiti della diffamazione”.

Scrive Antony Oliver Scott sul New York Times in uno degli articoli più interessanti che ho letto: “Depp possedeva distinti vantaggi. Lui è un attore più popolare, una star più grande che ha usufruito per molto più tempo dei riflettori e dell’ammirazione del pubblico. Ha portato con sé in aula i personaggi famosi che ha interpretato, un entourage virtuale di adorabili ladri, artisti incompresi e ribelli gonzo. Lui è Edward Mani di Forbice, Jack Sparrow, Hunter S. Thompson, Gilbert Grape. Lo abbiamo visto malizioso e volubile, ma mai veramente minaccioso. I suoi peccatucci fuori campo (il bere, le droghe, il tatuaggio “Wino Forever”) sono stati parte del rumore di fondo della cultura pop per gran parte di quel tempo, classificati insieme agli scandali e agli imbrogli che sono stati uno spettacolo da baraccone di Hollywood dall’era del muto. Celebrità e mascolinità conferiscono vantaggi che si rafforzano a vicenda. Uomini famosi – atleti, attori, musicisti, politici – diventano così in parte perché rappresentano ciò che gli altri uomini aspirano ad essere. Difendere le loro prerogative è un modo per proteggere, e affermare, le nostre”.

“Vogliamo che siano dei cattivi ragazzi – prosegue Scott – che infrangano le regole e la facciano franca. Il loro diritto signorile alla gratificazione sessuale è qualcosa che il resto di noi potrebbe risentire, invidiare o disapprovare, ma raramente lo attacchiamo. Questi ragazzi sono fantastici. Fanno quello che vogliono, anche alle donne. Qualunque uomo si opponga è colpevole di tradimento di genere o malafede. E’ difficile dire che la misoginia e un doppio standard di giudizio non abbiano avuto un peso in questo processo, sia dentro che fuori dall’aula” .

Azzardo un paragone storico: nel processo mediatico che vide O.J Simpson assolto dal duplice omicidio della moglie e del nuovo compagno, nonostante prove evidenti, abbiamo assistito alla stessa dinamica. Un campione sportivo, bello, giovane, un mito di una intera generazione di uomini uscì indenne dal processo penale ma paradossalmente, non da quello civile. Così come appare paradossale la pronuncia della giuria nel processo Depp vs Heard dove, nella reciproca diffamazione, lei paga il prezzo più alto.

Ancora Scott sul NYT scrive che: “La misoginia non è il sottotesto della rabbia politica americana e della disfunzione sociale; troppo spesso, è il testo ufficiale. I legami tra violenza domestica e sparatorie di massa sono agghiaccianti e ben documentati, anche se raramente citati nelle discussioni su politiche e prevenzione. La folla dei social media si mobilita contro le donne con particolare frequenza e ferocia, spesso usando il linguaggio del giusto risentimento. Cerchiamo almeno di essere chiari su cosa significa. Significa che apprezziamo il comfort e l’autostima degli uomini, specialmente quelli famosi, più di quanto apprezziamo la sicurezza e la dignità delle donne, anche quelle famose”.

Ci proveranno, quindi. Usando la sconfitta della Heard armeranno i pregiudizi sulle donne che svelano violenze per metterle a tacere o persino citarle in giudizio. Bugiarda la Heard, bugiarde tutte. Non a caso esultava in un tweet il Partito Repubblicano le più violente pagine e aggregazioni di MRA e odiatori di donne.

Molti di questi odiatori, lo sappiamo bene, hanno commesso violenze, stalking e stupri. Hanno pagine e blog da dove propalano odio sui social e alcuni sono stati condannati o denunciati. Ora Depp è il loro tristo alfiere perché coltivano la speranza che la violenza maschile torni ad essere tuttalpiù un difettuccio e non un crimine. O qualcosa che non è mai vera se la vittima, comunque sempre colpevole, è una sopravvissuta.

Molte donne si sono scagliate contro Heard perché la sua condanna nuocerebbe a tutte le vittime. Noi donne abbiamo un altro grande svantaggio: ci siamo conquistate da troppo poco tempo la possibilità di realizzare un percorso di individuazione, nonostante ostacoli e legacci che ci vincolano a stereotipi, e ci percepiamo – ed in parte lo siamo – legate ad un destino comune. Aldo Busi paragonò anni fa la condizione delle donne a quella delle liberte: molte si sentono beneficiate dai diritti conquistati come se fossero una gentile concessione padronale ma non si percepiscono e non percepiscono le altre come esseri liberi.

È facile che molte liberte si collochino nell’indistinto del genere femminile. Un uomo, uno dei tanti affetti da sessismo patologico, scriveva ieri su Db che le donne sono “una specie opportunista perché si sarebbero evolute come raccoglitrici”: siamo quindi “una specie” non umane o meglio meno umane degli uomini.

Amber Heard nell’editoriale che l’ha portata alla rovina – e che il Washington Post non cancella perché ritiene che la sentenza a favore di Depp sia in realtà un bavaglio (alla stampa e alle donne secondo me) – scriveva: “Le istituzioni proteggono gli uomini accusati di abusi” e “ho sentito tutta la forza dell’ira della nostra cultura per le donne che denunciano”. Se non era vero allora, lo è oggi. L’odio che le è stato scagliato contro è sotto ai nostri occhi. Dobbiamo denunciarlo come donne e come femministe senza paura e sensi di colpa che non ci spettano.

L’odio e la violenza non sono ciò che sono solo se vengono scagliati contro donne che ci sembrano perfette: sante e martiri. Ci viene imposto non solo per essere credibili ma per avere giustizia o riconoscimento di diritti o anche solo rispetto, di essere all’altezza di un paradigma irraggiungibile.

Paradigma irraggiungibile anche per Amber Heard.

@nadiesdaa

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