di Alessandro Pezzini

Negli ultimi 10 anni, nelle scuole Usa si sono compiute 9 stragi. La media è praticamente quella di una sparatoria all’anno. E non si contano quelle nei luoghi di culto, in cui il pluriomicida di turno ha fatto irruzione durante la celebrazione per sterminare chiunque non la pensasse (o non fosse) come lui.

È lampante, ormai da diverso tempo, che questa sia una sorta di tendenza dettata da una cultura delle armi probabilmente già antica a metà del secolo scorso. In questo, gli amici americani riescono a fare, se possibile, peggio di noi. Qui in Italia è infatti proverbiale la poca cultura della prevenzione e dell’anticipazione del rischio.
Siamo quelli del “finché la barca va, lasciala andare” e ce ne accorgiamo sempre dopo i vari Ponte Morandi, Vajont, Mottarone e Rigopiano. Quantomeno noi – e lo scrivo con profonda amarezza – dopo il disastro ci approcciamo per sistemare la situazione. È difficile che poi crolli un altro ponte, che frani un’altra diga… Difficile, certo, ma non impossibile. Sappiamo fare malissimo, se non ci impegniamo.

Il fatto è che se, dopo l’ultima strage, il Procuratore del Texas riesce a pensare che la soluzione al problema sia armare gli insegnanti, in quanto “non si può impedire ai cattivi di fare cose cattive”, significa che la cultura delle armi negli Usa sia eccessivamente radicata, attraverso la consapevolezza che sia molto accessibile la possibilità di farsi giustizia da soli. E dire che logica è piuttosto intuitiva: se non circolassero abitualmente armi alla portata di chiunque possa vivere un momento di difficoltà, verrebbe più semplice affrontare un percorso psicologico piuttosto che entrare in una scuola e sterminare chiunque ci si trovi di fronte.

No. “Armare gli insegnanti”.

E se il prof di storia venisse licenziato e, prima di abbandonare l’Istituto, si vendicasse sparando a tutti? È poi necessario legittimare le scuole come campi di battaglia, col vicepreside che è tenuto a mitragliare il pazzo che entra col fucile?

Gli amici americani dovrebbero cambiare la legge sulle armi, che porta queste ultime ora ad essere esposte nei supermercati, e soprattutto dare un taglio netto alla cultura della difesa armata. E sì, facendo conto col fatto che non si possa impedire ai cattivi di fare cose cattive. In questo, prevedendo il diniego della richiesta a chiunque non possa provare la sua buona condotta oppure sia ritenuto capace di abusarne, la nostra legge sul porto d’armi può essere un esempio quantomeno sufficiente ad identificare le scuole esclusivamente come sicuri luoghi di apprendimento ed aggregazione, attraverso i quali crescere e diventare degli adulti sicuri di sé anche senza un fucile nel bagagliaio dell’auto.

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