Immortale. Il titolo, tanto per cambiare, se l’è assemblato da solo. Deve averlo immaginato già undici mesi fa quando ha scelto Roma come nuova tappa della costruzione di se stesso in chiave divina. Aveva iniziato in una sala dell’aeroporto di Heatrow: “Se avessi voluto una vita facile sarei rimasto a Porto: una sedia blu bellissima, la Champions, Dio e, dopo di lui, il sottoscritto”. E quando qualcuno gli fece notare che l’elenco era un po’ una spacconata, rispose serafico: “Per favore non chiamatemi arrogante, sono campione d’Europa e credo di essere speciale”. E nacque lo Special One. Proseguì all’arrivo a Milano con un “non sono un pirla” che lo fece entrare subito sotto la pelle dei tifosi nerazzurri. Adesso, dopo un giro vorticoso di ascese e cadute nella polvere, rieccolo. Ancora una coppa tra le mani e le lacrime. In mezzo, il nulla del calcio italiano in Europa. Di nuovo vincente, di nuovo Special. Perché un conto è alzare un trofeo con “squadre costruite per centrare questo obiettivo” e un altro affare è “farlo con il Porto, con l’Inter dopo tanti anni e oggi con la Roma”. Quello è un affare da Mourinho, ovvero: “È molto molto speciale, una cosa che ti fa diventare immortale”. Immortale nella Urbs Aeterna, Josè da Setubal, quello che che da allenatore del Leiria raccontò di essere andato in Brasile “a comprare giocatori in cambio di noccioline e banane”.

La Roma degli eccessi calcistici poteva essere la piazza adatta a lui e la vecchia volpe del calcio europeo aveva già annusato l’aria. Accerchiata da un amore eccessivo, passionale, quasi carnale. Mediaticamente copertissima. A digiuno da una vita, disabituata a vincere: per questo affamata e capace di eternare. Senza l’assillo della vittoria, perché lo sapevano tutti che con Ibanez e Karsdorp sarebbe stato quasi un miracolo. Una roba da taumaturghi, una roba da Mou. E ha srotolato tutto il suo repertorio: ha attratto su di sé l’attenzione, allontanandola dai giocatori. In un posto come Roma, la scelta perfetta. Del resto, lui, la tensione riesce a reggerla, mentre un gruppo di giocatori giovani e per lo più inesperti rischiava di implodere. Ai giallorossi è accaduto tante volte, anche durante stagioni in cui campioni e ambizioni erano esponenzialmente maggiori. Mourinho come bersaglio e scudo, un anno in trincea aspettando quel momento lì, aspettando Tirana. Le luci del proscenio, le lacrime, i baci alla coppa. La frase cesellata chissà quando: “È molto molto speciale, una cosa che ti fa diventare immortale”. E quindi i titoli della stampa sportiva internazionale, da L’Equipe ad As, a celebrare il suo ritorno alla vittoria. Il successo di Mou prima, poi quello della Roma. Del resto David Moyes lo aveva spiegato anni fa: “Ciò che Mourinho ha fatto è stato rendere sexy l’immagine dell’allenatore”.

Immortale a Roma e imbattibile nelle finali europee. E anche questo vorrà dire qualcosa. Anche se la sua Roma gioca così e così, ne ha presi sei dal Bodø/Glimt, poi arriva quel momento lì e non sbaglia. Mai. Tatticamente perfetto, calcio senza fronzoli, 1-0 e bus davanti alla porta. Brutto? Magari. Ma la Bbc l’ha riassunto in maniera semplice semplice: “Il calcio è vincere e Mourinho vince”. Gli inglesi si sono subito ricordati dello Special, che di là era andato a predicare dopo Porto in una terra che quindici anni fa, calcisticamente parlando, non vedeva gli stranieri di buon occhio. Vinse due Premier League con il Chelsea, fallì in Champions negli anni del guardiolismo, infiammò l’isola britannica con la sua eterna tenzone, ad iniziare da Arsene Wenger e Rafa Benitez, sfidati in duelli rusticani. A Roma ha ritrovato quel mondo ma in sedicesimo, quasi tutto racchiuso dentro il Grande raccordo anulare. Radio, tv, paginate, gli sfottò chirurgici a Sarri. Si è messo in un angolo dell’impero calcistico, la Conference League, per poi esplodere in un botto luminescente nella notte di Tirana. È una “coppetta”, diranno, vale meno di un quarto di Europa League. Ma vai a vincerla, fallo a Roma, con questa Roma. Se non è da immortali, quantomeno non è da pirla. Di certo, è roba da Special.

Twitter: @andtundo

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