Il direttore della Fao (l’organizzazione delle Nazioni Uniti che si occupa di alimentazione) Qu Dongyu ha presentato oggi un piano in 3 punti per affrontare la crisi delle forniture di cereali innescata dalla guerra in Ucraina. Il piano, esposto in occasione del G7 Agricoltura in corso a Stoccarda, prevede di mantenere la produzione di cibo, sostenendo i raccolti dei cereali e delle altre colture; di sostenere filiere agroalimentari e mercati, coinvolgendo il governo e il settore privato per fornire servizi a piccoli proprietari produttori attraverso partnership pubblico-privato; e di coordinare la sicurezza alimentare. “Dobbiamo identificare attivamente i modi per colmare le potenziali future lacune nei mercati globali, lavorando insieme per promuovere, ove possibile, aumenti sostenibili della produttività”, ha detto il direttore generale della Fao che ha anche invitato i governi ad “astenersi dall’imporre restrizioni alle esportazioni, che possono esacerbare l’aumento dei prezzi dei generi alimentari e minare la fiducia nei mercati globali”.

Russia e Ucraina forniscono insieme circa il 30% delle esportazioni mondiali di grano e circa la metà di quelle di semi di girasole. Inoltre alla Russia fa capo il 15% della produzione globale di fertilizzanti, la cui vendita è ora rallentata a causa delle sanzioni provocandone un forte rincari. Ad aggravare il problema c’è l’inagibilità di porti e rotte del mar Nero che in condizioni normali assicurano le derrate per 400 milioni di persone. I paesi più dipendenti dalle importazioni di creali dalla Russia sono Turchia, Egitto, Bangladesh, Yemen, Pakistan e Tunisia. Quelli dall’Ucraina sono Indonesia, di nuovo Egitto, Bangladesh e Pakistan e poi Libano. La scarsità di fertilizzanti pregiudica la capacità di aumentare la produzione di altri grandi paesi esportatori come il Brasile.

L’indice dei prezzi alimentari elaborato dalla stessa Fao rimane sui valori più alti di sempre, dall’inizio del conflitto i prezzi del grano sono saliti del 35% così come quelli del mais. “L’aumento dei prezzi a cui stiamo assistendo è inquietante, rischiamo una guerra mondiale del pane. Il prossimo mese l’Italia, in collaborazione con la Fao, sosterrà un’iniziativa per affrontare la crisi alimentare nell’area del Mediterraneo”, ha detto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio parlando a margine del G7. Preoccupazioni analoghe sono state espresse dal presidente del Consiglio Mario Draghi secondo cui “Il blocco delle esportazioni di grano dall’Ucraina rischia di provocare una crisi alimentare, che a sua volta può produrre instabilità politica ma” soprattutto una “crisi umanitaria di proporzioni straordinarie”. Ieri la segretaria al Tesoro statunitense Janet Yellen ha detto di essere “terribilmente preoccupata” dalla crisi alimentare mondiale. “C’è bisogno di un piano di azione”. Secondo Yellen 275 milioni di persone sono in pericolo.

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La guerra in Ucraina, spiega la Fao, è arrivata in un contesto già di per sé non facile. In base ai dati del 2021, 193 milioni di persone in 53 Paesi del mondo (40 milioni in più rispetto al 2020) vivevano in una situazione di grave crisi alimentare, 570mila in situazioni di catastrofe, mentre 39,2 milioni in emergenza. A questi si aggiungono 236,2 milioni in condizioni di stress. Nel 2011 fu proprio la crisi alimentare ad innescare le cosiddette primavere arabe nei paesi di nord Africa e medio Oriente. Ieri i produttori di mangimi per animali e degli importatori di materie prime tunisini hanno spiegato in una nota che il recente aumento “forzato” dei prezzi dei mangimi che sta causando malumori e proteste tra gli allevatori del Paese nordafricano, soprattutto nella regione di Mahdia. Centinaia di persone sono scese in piazza oggi in Iran per manifestare contro la decisione delle autorità di aumentare i prezzi dei generi alimentari di base. La crisi alimentare è uno dei fattori che hanno innescato le proteste che hanno portato alle dimissioni del governo e all’applicazione del coprifuoco in Sri Lanka.

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