“Ci sono prove inconfutabili di crimini di guerra” commessi dai russi in Ucraina: lo si legge nell’indagine di Amnesty International Non tornerà. Crimini di guerra nel nord-ovest dell’oblast di Kiev presentata oggi nella capitale ucraina. In conferenza stampa Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International, ha menzionato l’uso di bombe a grappolo, di bombardamenti su insediamenti civili, di esecuzioni extragiudiziarie definendole “parte di uno schema“: “Sappiamo che i crimini commessi dalle forze russe nelle aree attorno a Kiev non sono incidentali né collaterali. Ma sono parte di uno schema”.

L’indagine, lunga 44 pagine, si basa su decine di interviste e diverse prove raccolte dall’organizzazione, tra cui i documenti lasciati in Ucraina dalle truppe russe: Amnesty documenta “attacchi aerei illegali sulla città di Borodyanka” ed “esecuzioni extragiudiziali in altre città e villaggi tra cui Bucha, Andriivka, Zdvyzhivka e Vorzel“. Il modello di crimini commessi dalle forze russe viene denunciato con interviste alle famiglie delle vittime che chiedono giustizia e, con Amnesty, invitano le autorità ucraine, la Corte penale internazionale a “garantire la conservazione delle prove che potrebbero supportare futuri procedimenti penali per crimini di guerra”: i ricercatori hanno visitato i luoghi dei numerosi omicidi e intervistato abitanti di Bucha, Borodyanka, Novyi Korohod, Andriivka, Zdvyzhivka, Vorzel, Makariv e Dmytrivka – registrando un totale di 45 persone che hanno assistito o appreso direttamente di uccisioni illegali di parenti e vicini da parte dei soldati russi e di altre 39 persone che hanno assistito o avuto conoscenza diretta di attacchi aerei su almeno 8 edifici residenziali.

Nello specifico, nella città di Borodyanka, a nord-ovest di Kiev, Amnesty ha scoperto che sono almeno 40 i civili che sono stati uccisi in attacchi indiscriminati, con cui i russi hanno devastato un intero quartiere e distrutto le case di migliaia di persone. A Bucha e in altre città e villagi a nord-ovest di Kiev, ha documentato 22 casi di uccisioni illegali operate dalle forze russe, la maggior parte delle quali in apparenti esecuzioni extragiudiziali.

A Bucha e nei villaggi della zona, Amnesty ha raccolto ulteriori prove e testimonianze di uccisioni illegali, talvolta di persone trovate con le mani legate dietro la schiena. Altri corpi presentavano segni di tortura. Nel villaggio di Novyi Korohod, si legge nel rapporto, è stato ucciso un operaio di 46 anni, Viktor Klokun. La sua fidanzata, Olena Sakhno, ha raccontato che alcuni abitanti del villaggio hanno recuperato e le hanno portato il corpo il 6 marzo: “Aveva le mani legate dietro la schiena con della plastica bianca e un foro di proiettile alla testa”. Olha, 32 anni, e Olexandr, 62 anni, rispettivamente moglie e padre di Oleksii Sychevky, sono stati uccisi mentre il convoglio di automobili con cui stavano viaggiando è stato colpito dal fuoco di quelle che secondo loro erano forze russe: “In quel convoglio c’erano solo civili in fuga. Quasi tutte le automobili avevano dei bambini a bordo” ha raccontato Sychevky. “È fondamentale che tutti i responsabili” conclude Callamard, “compresi quelli nella catena di comando, siano assicurati alla giustizia“.

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