Con il bilancio della britannica Shell, prima compagnia petrolifera privata al mondo, si conclude il trimestre da favola del settore. Per tutti i ricavi e gli utili derivanti dalla vendita di petrolio e gas sono balzati a livelli record. Il greggio di vende sul mercato al 61% in più di un anno fa, il gas si piazza in Europa a prezzi 5 volte superiori, una tendenza al rialzo in atto da tempo e accelerata dal conflitto in Ucraina. Risultati record erano già stati presentati nei giorni scorsi da Eni, Chevron, Exxon Mobil, Total. British Petroleum non è stata da meno ma ha dovuto digerire il costo più pesante per l’uscita dalla Russia dove possedeva il 20% del colosso Rosneft. Un addio costato 25 miliardi di dollari con una trimestrale che ha visto gli utili più che raddoppiare a 6,2 miliardi, il miglior risultato da 14 anni.

I profitti di Shell hanno superato i 9 miliardi di dollari, il triplo rispetto al primo trimestre del 2021. Un risultato superiore alle già ottimistiche stime degli analisti che sta spingendo al rialzo il titolo della compagnia. Shell prevede quindi di distribuire nel primo semestre a dividendo circa il 30% del flusso di cassa. La Russia ha lasciato un’ ammaccatura sui conti, la compagnia che ha contabilizzato 3,9 miliardi di perdite per l’uscita dai progetti nel paese, terzo produttore di petrolio al mondo e con le più grandi riserve di gas del pianeta. In marzo la compagnia era finita al centro di uno scandalo per aver acquistato un carico da un milioni di barili di greggio russo rivendendolo con un guadagno di 24 milioni. La compagnia ha chiesto scusa annunciando la devoluzione dei profitti ad un fondo per l’aiuto all’Ucraina. Tuttavia Shell avrebbe continuato ad acquistare la cosiddetta “miscela lettone”, idrocarburi ottenuti mischiando il 49% di petrolio russo con il 51% di altre qualità e quindi tecnicamente non proveniente dalla Russia.

I risultati di Shell e British Petroleum sono destinati a rinfocolare il dibattito sulla tassazione degli extra profitti delle aziende energetiche anche in Inghilterra. Londra ha per ora escluso questa possibilità ma attivisti e politici di opposizione spingono per questa opzione. Il tema è dibattuto anche negli Stati Uniti e in Germania mentre Francia, Spagna ed Italia hanno adottato misure di questo tipo. Il governo italiano si attende di incassare da questa misura (l’aliquota è stata alzata dal 10 al 25%) oltre 6 miliardi di euro nell’intero anno. Le prime simulazioni delle società interessare evidenziano però numeri distanti. A fronte di utili trimestrali per 1,2 miliardi il gruppo Enel, controllato al 30% dal Tesoro, si attende infatti di dover pagare circa 100 milioni di euro mentre Eni non ha ancora diffuso una sua valutazione.

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