“La mia ipotesi è che gli Stati Uniti siano più riluttanti della Russia a una pace negoziata. La Russia vuole un’Ucraina neutrale e l’accesso ai suoi mercati e risorse. Alcuni di questi obiettivi sono inaccettabili, ma sono comunque chiari. Gli Stati Uniti e l’Ucraina invece non hanno mai dichiarato i loro termini per trattare. Gli Stati Uniti vogliono un’Ucraina nel campo euro-americano, in termini militari, politici ed economici. Qui è la ragione principale di questa guerra. Gli Stati Uniti non hanno mai dato un segno di compromesso. Né prima che la guerra scoppiasse, né dopo”. È la riflessione di Jeffrey Sachs, già consigliere del Cremlino per la transizione dal comunismo negli anni ’90 e direttore dello Center for Sustainable Development dell’Earth Istitute della Columbia University, intervistato dal Corriere della Sera. Secondo l’economista è necessario percorrere la via diplomatica perché è “possibile sulla base dell’indipendenza dell’Ucraina e escludendo che aderisca alla Nato”.

Il professore, che lavora nell’Accademia Pontificia su richiesta di papa Francesco, ritiene che il “grande errore” sia stato “credere che la Nato sconfiggerà la Russia: tipica arroganza e miopia americana. Difficile capire cosa significhi “sconfiggere la Russia”, dato che Vladimir Putin controlla migliaia di testate nucleari. I politici americani hanno un desiderio di morte? Conosco bene il mio Paese. I leader sono pronti a combattere fino all’ultimo ucraino. Meglio fare la pace che distruggere l’Ucraina in nome della sconfitta di Putin”. Secondo Sachs dalla Casa Bianca o dall’amministrazione Usa non è arrivato nessun commento dopo il discorso del presidente ucraino Zelensky sulla possibile neutralità di Kiev.

Per l’economista, già professore ad Harvard e anche ex consigliere Speciale dell’ex segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, Stati Uniti e Europa devono sedersi al tavolo con il presidente russo e discutere anche perché alla voce crimini di guerra gli Usa devono guardare anche alla loro storia: “Se vogliono processare Putin per crimini di guerra, allora devono aggiungere alla lista degli imputati George W. Bush e Richard Cheney per l’Iraq, Barack Obama per la Siria e la Libia, Joe Biden per aver sequestrato le riserve in valuta estera di Kabul, alimentando così la fame in Afghanistan. E l’elenco non finisce qui. Non intendo scagionare Putin. Voglio sottolineare che bisogna fare la pace, ammettendo che siamo nel pieno di una guerra per procura tra due potenze espansioniste: la Russia e gli Stati Uniti. Non per nulla al di fuori degli Stati Uniti e dell’Europa, pochi Paesi sono schierati con l’Occidente su questo”.

L’opinione di Sachs è che una responsabilità americana esista anche se è chiaro che è stata Mosca ad iniziare il conflitto: “La Russia ha iniziato questa guerra, ma in buona parte perché ha visto gli Stati Uniti entrare in modo irreversibile in Ucraina. Nel 2021, mentre Putin chiedeva agli Stati Uniti di negoziare l’allargamento della Nato all’Ucraina, Biden ha raddoppiato la scommessa diplomatica e militare. Non solo ha rifiutato di discutere con Mosca l’allargamento della Nato, ma ha fatto sì che l’impegno della Nato fosse rinnovato al vertice del 2021, e poi ha firmato due accordi con l’Ucraina sul tema. Gli Stati Uniti hanno anche continuato le esercitazioni militari e le spedizioni di armi su larga scala”.

“Per salvare l’Ucraina dobbiamo porre fine alla guerra, e per porre fine alla guerra abbiamo bisogno di un compromesso in cui la Russia si ritira e la Nato non si allarga. Non è difficile, eppure gli Stati Uniti non accennano neanche all’idea, perché sono contrari. Gli Stati Uniti vogliono che l’Ucraina combatta per proteggere le prerogative della Nato”. A cui invece potrebbero aderire Finlandia e Svezia. Infine il professore critica anche l’efficacia delle sanzioni, che nel corso del tempo sono diventate sempre più pesanti fino a comprendere anche l’ipotesi di un embargo sul petrolio russo. “L’Unione europea dovrebbe muoversi in modo molto più deciso per favorire un accordo di pace. Un embargo totale su petrolio e gas probabilmente getterebbe l’Europa in una recessione. Non lo consiglio. Non cambierebbe in modo decisivo l’esito della guerra e non influirebbe molto su un accordo di pace, ma danneggerebbe l’Europa pesantemente”.

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