La capacità di reinfettare di Omicron era stata già individuata dagli studi preliminari. Oggi i dati confermano che la variante può contagiare con più facilità di altre chi è stato già infettato da Sars Cov 2. Dal 24 agosto 2021 al 9 marzo 2022 – secondo quanto evidenzia il Report esteso dell’Istituto superiore di sanità – sono stati segnalati 251.633 casi di reinfezione, pari al 3% del totale dei casi notificati. Nell’ultima settimana la percentuale di reinfezioni sul totale dei casi segnalati è del 3,3%, stabile rispetto alla settimana precedente. Più a rischio sono donne, giovani e sanitari. “Il dato che caratterizza questa ondata pandemica che vede la variante Omicron come dominante è proprio il dato delle reinfezioni, un fenomeno importante che ci deve portare a prudenza e attenzione”, ha commentato il presidente Iss, Silvio Brusaferro.

L’analisi del rischio di reinfezione a partire dal 6 dicembre 2021 – data considerata di riferimento per l’inizio della diffusione della variante Omicron – evidenzia un aumento del rischio di reinfezione soprattutto, si legge nel Report, “nei soggetti con prima diagnosi di Covid notificata da oltre 210 giorni rispetto a chi ha avuto la prima diagnosi fra i 90 e i 210 giorni precedenti; nei soggetti non vaccinati o vaccinati con almeno una dose da oltre 120 giorni rispetto ai vaccinati con almeno una dose entro i 120 giorni”. Maggior rischio di reinfezione, afferma l’Iss, si rileva inoltre nelle femmine rispetto ai maschi. Il maggior rischio nei soggetti di sesso femminile, si spiega, “può essere verosimilmente dovuto alla maggior presenza di donne in ambito scolastico dove viene effettuata una intensa attività di screening e al fatto che le donne svolgono più spesso la funzione di caregiver in ambito famigliare”. Più a rischio sono infine gli operatori sanitari rispetto al resto della popolazione ed anche le fasce di età più giovani (dai 12 ai 49 anni) rispetto alle persone con prima diagnosi in età compresa fra i 50-59 anni. Verosimilmente, sottolinea l’Iss, “il maggior rischio di reinfezione nelle fasce di età più giovani è attribuibile a comportamenti ed esposizioni a maggior rischio, rispetto alle fasce d’età maggiori di 60 anni”.

Nelle fasce d’età 0-9 e 10-19 anni si registra il più alto tasso di incidenza di casi Covid a 14 giorni, pari rispettivamente a 1.424 e 1437 per 100.000 abitanti, mentre nella fascia di età 70-79 anni si registra il valore più basso, 471 casi per 100.000 abitanti segnala il report che integra il monitoraggio settimanale Iss-ministero della Salute sul Covid. Dall’inizio dell’epidemia, sono stati diagnosticati e riportati al sistema di sorveglianza integrata 2.966.901 casi nella popolazione 0-19 anni, di cui 15.200 ospedalizzati, 350 ricoverati in terapia intensiva e 50 deceduti.

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