Da mesi ormai l’ipotesi che Sars Cov 2 possa essere stato creato in un laboratorio – e quello di Virologia di Wuhan è l’indiziato numero uno – è diventato tema di dibattitto scientifico. L’anno scorso alcuni scienziati avevano pubblicato su The Lancet l’appello a un dibattito scientifico per chiarire l’origine del virus. Nel corso del tempo si sono accumulati studi sull’origine animale e quindi naturale del coronavirus, ma alcuni indizi per dare forza a questa ipotesi mancano all’appello. Tra coloro che hanno preso in considerazione l’ipotesi che il coronavirus possa essere stato creato per essere studiato c’è Giorgio Palù, professore emerito dell’Università di Padova e past-president della Società italiana ed europea di Virologia, prima di diventare presidente dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa).

“Lo spillover con salto di specie animale-uomo potrebbe essere stato compiuto per cause accidentali da un virus del pipistrello sperimentalmente adattato a crescere in vitro” dice lo scienziato in un’intervista al Corriere della Sera. Secondo Palù “è suggestivo un dato, che andrà comunque confermato da ulteriori verifiche di altri ricercatori. Il ceppo prototipo di Wuhan, quello che ha cominciato a manifestarsi in Cina con forme gravi di polmonite, e tutte le varianti che ne sono derivate, anche quelle considerate non interessanti nella classificazione internazionale, presentano una caratteristica affatto peculiare. Nel gene che produce la proteina Spike (quella che il virus utilizza per agganciare la cellula da infettare) appare inserita una sequenza di 19 lettere appartenente a un gene umano e assente da tutti i genomi dei virus umani, animali, batterici, vegetali sinora sequenziati. La probabilità che si tratti di un evento casuale è pari a circa una su un trilione. Una sequenza essenziale perché conferisce al virus la capacità di fondersi con le cellule umane e di determinare la malattia”.

“Si può ipotizzare una manipolazione effettuata per soli scopi di ricerca – spiega il virologo – non certo con intenzioni malevole. Non sarebbe la prima volta che un virus scappa per sbaglio da un laboratorio ad alta sicurezza”. Quanto all’ipotesi dell’origine del virus dal pipistrello con un passaggio diretto all’uomo o indiretto attraverso un ospite intermedio (si è parlato del pangolino) o una serie di scambi successivi uomo-animale-uomo, “alcuni studi recenti, che usano la bioinformatica per indagare l’evoluzione del virus, ci orienterebbero in tal senso. Manca però la prova regina che suffraghi l’origine naturale. Da un lato, non si è ancora trovato l’ospite intermedio e dall’altro, RaTG13, il virus del pipistrello Rhinolophus affinis il cui genoma è al 97% identico al Sars-CoV-2, ha scarsa capacità di infettarci. Per validare quale delle ipotesi in campo (spillover naturale o di laboratorio) sia più verosimile, sarebbe auspicabile, come più volte richiesto dall’Oms e dalla comunità scientifica, la collaborazione delle autorità cinesi. Identificando un eventuale ospite intermedio – dice ancora Palù – sarebbe possibile risalire all’iniziale sorgente del contagio e bloccare la trasmissione epidemica, come è avvenuto per altri virus provenienti dal mondo animale”.

Alcuni ricercatori ipotizzano che il virus sia sfuggito dal laboratorio dell’Istituto di Virologia di Wuhan dove sarebbe stato manipolato con la tecnica del gain of function, ovvero delle modificazioni genetiche che permettono l’acquisizione di capacità che l’agente non ha o avrebbe avuto. Ma al momento anche in questo caso manca una prova regiona. La comunità scientifica in generale aveva prima fortemente sostenuto la natura assolutamente naturale del virus, poi anche in virtù di una richiesta l’anno scorso di indagine dell’amministrazione Biden ai servizi segreti, aveva innescato la richiesta di un dibattito. La non identificazione dell’ospite intermedio e l’inedita presenza (non secondo alcuni scienziati cinesi) dei Furin cleavage sites, quelle che vengono definite nel libro le “forbici” per tagliare la proteina Spike che poi infetta le cellule.

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