Il giorno dell’elezione è passato, ma la Serie A ancora non ha un presidente. I presidenti litigano, i candidati latitano: dei quattro ufficialmente in lista, dopo il ritiro di Carlo Bonomi e l’assenza di Lorenzo Bini-Smaghi e Mauro Masi, soltanto Lorenzo Casini si è presentato davanti ai patron. Evidentemente non è bastato: il voto nemmeno ci è stato, per evitare la probabile fumata nera che sarebbe stata l’ennesima figuraccia per la Lega Calcio. Se ne riparla la settimana prossima.

Come prevedibile, nemmeno l’abbassamento del quorum (dopo le prime due assemblee a maggioranza qualificata, oggi sarebbe bastata la maggioranza semplice) ha portato all’elezione del nuovo n. 1 della Serie A, che dovrà sostituire il dimissionario Paolo Dal Pino, fuggito negli Stati Uniti per le troppe tensioni interne al campionato: significa che oggi non ci sono nemmeno 11 voti su 20, che il calcio italiano è completamente spaccato, a metà o forse addirittura in più correnti, tra l’ala lotitiana e quella legata alla FederCalcio di Gabriele Gravina (senza dimenticare gli americani).

Il problema è che il partito dei “progressisti” (come amano definirsi loro), sembra rimasto senza un vero candidato. Dopo la figuraccia del n.1 di Confindutria Bonomi, anche l’ex componente della Bce Bini-Smaghi ha fatto un passo di lato: ha comunicato alla Lega Calcio che non gradisce la procedura elettorale e che un profilo del suo calibro non fa colloqui. Se non è un ritiro, poco ci manca. Di tenore simile anche l’assenza di Masi, la cui candidatura resta comunque un mezzo mistero, perché attribuibile per ragioni diverse tanto a Gravina quanto a Lotito.

Senza un nome forte da sostenere, a Scaroni, Cairo & Co. non resta che l’ostruzionismo a Lorenzo Casini, il capo di gabinetto del Ministero della Cultura, unico a metterci la faccia fino ad ora. Ma deve fronteggiare l’opposizione delle milanesi (Marotta ha apertamente detto che non lo voterà, il Milan ha disertato mandando un dirigente al posto di Paolo Scaroni), e pure accuse di presunta incandidabilità, per il suo ruolo al Mibact che ha approvato i fondi per il restauro del Franchi (che però è del Comune di Firenze, non della Fiorentina).

Insomma, siamo al solito muro contro muro, che non ha partorito nulla. Dopo due ore a litigare furiosamente sulla procedura di voto, tenere o meno aperta l’assemblea, riaprire il termine per le candidature, si è deciso come sempre di rinviare. In vista della prossima settimana, bisognerà capire chi dei tre candidati rimasti è ancora effettivamente in corsa, ma non è detto che non si torni alla casella di partenza: cioè a cercare un nuovo profilo, che provi a mettere tutti d’accordo. Ad esempio, prima dell’assemblea si è riparlato di Andrea Abodi, ex presidente della Serie B, a capo dell’Istituto del Credito Sportivo (dove è in scadenza): un candidato di esperienza, di cui però bisognerebbe verificare anche la disponibilità personale, oltre che il consenso fra i patron. Intanto il tempo passa e la data del 24 marzo, scadenza in cui potrebbe scattare il commissariamento, si avvicina. La FederCalcio, a cui certo non dispiacerebbe mettere le mani sulla Serie A dopo averlo già fatto con i Dilettanti, osserva sorniona.

Twitter: @lVendemiale

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