Le sanzioni finanziarie imposte da Stati Uniti, Unione europea e alleati occidentali hanno inferto un “duro colpo” all’economia russa. Mercoledì il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha dovuto ammetterlo. Mentre la Borsa di Mosca resta chiusa, sul listino di Londra il valore dei titoli dei maggiori gruppi russi – da Gazprom a Sberbank – è andato a picco avvicinandosi allo zero. E l’impatto delle sanzioni occidentali si è fatto sentire pesantissimo anche sui comparti dell’economia russa non direttamente colpiti come quello petrolifero, mentre le maggiori compagnie di shipping fermano il trasporto merci da e per la Russia. Msc, primo operatore container al mondo, ha annunciato l’interruzione con effetto immediato di tutte le prenotazioni di trasporto merci da/per la Russia, includendo anche tutte le aree di accesso, tra cui Baltico, Mar Nero ed Estremo Oriente russo. Garantirà solo la consegna di beni essenziali come cibo, attrezzature mediche e aiuti umanitari. Lo stesso hanno fatto Maersk e l’armatore francese Cma.cgm che parla di “questioni di sicurezza”.

Se fino a due giorni fa il greggio russo a basso prezzo andava a ruba, ora l’incertezza sull’evoluzione della crisi sta bloccando le compravendite. Bloomberg dà notizia che molti compratori stanno rifiutando di acquistare e le società di navigazione di trasportare il carico. Il risultato è stato ovviamente un balzo delle quotazioni del barile: il prezzo dei futures del Brent martedì mattina ha superato la soglia dei 112 dollari scambiando a 112,76 dollari al barile in rialzo del 7,42%, livello che non veniva raggiunto da aprile 2014, chiudendo a 109. Il Wti di riferimento statunitense è arrivato a 110,91 dollari al barile, oltre il record di 105 dollari al barile raggiunto nel 2014, prima di ripiegare a 107. Intanto su timori che da una parte o dall’altra vengano chiusi i rubinetti vola anche il prezzo del gas che ha toccato ad Amsterdam un massimo a 194,7 euro per megawattora, ben oltre i livelli raggiunti lo scorso dicembre, per poi tornare a 168. Ora il contratto Ice Ttf, il benchmark del gas europeo, segna un rialzo del 25% a 152 euro. Anche il prezzo del grano si infiamma raggiungendo secondo Coldiretti i massimi da 14 anni ad un valore di 33,3 centesimi al chilo che non si raggiungeva dal 2008.

In diversi casi, riporta Bloomberg, offerte di petrolio russo al di sotto delle quotazioni sono andate deserte, come nel caso del colosso del trading Trafigura che ha tentato di cedere un carico con un prezzo inferiore di 18 dollari a quello sul mercato senza ricevere risposte. Problemi si stanno verificando anche nella movimentazione delle navi petroliere visto che diverse compagnie di navigazione stanno alla finestra in attesa di maggiori dettagli sul quadro delle sanzioni e temendo effetti negativi sulla reputazione se accettano il petrolio russo in un contesto in cui Mosca sta diventando un paria sui mercati. Un problema molto serio per l’export di petrolio di Mosca che si muove per i due terzi via mare, ma anche per alcune raffinerie europee. “Circa il 70% del commercio di petrolio russo è congelato“, afferma la società di consulenza Energy aspect, “la gran parte delle grandi società non tratta il greggio di Mosca e solo poche raffinerie in Europa e società di trading sono ancora sul mercato”.

In parallelo stanno crollando a picco i valori dei maggiori gruppi russi quotati alla Borsa di Londra attraverso i depositary receipts, i certificati che rappresentano le azioni di società estere (il listino di Mosca è stato chiuso per la terza seduta consecutiva, il più lungo stop dall’ottobre 1998). Gazprom fa un tonfo del 97,2% a 0,021 dollari. Sberbank crolla del 94% a 0,01 dollari (venerdì 25 febbraio valeva 4 dollari). Lukoil segna -97,6% a 0,25 dollari, Rosneft -68,5% a 0,85. Del resto la Ue fa notare che, anche se sono state salvate dall’estromissione dal sistema Swift perché sono il canale per i pagamenti relativi all’energia in Europa, Gazprombank e Sberbank sono già colpite dalle sanzioni imposte nel 2014 dopo l’annessione della Crimea e l’effetto sulla loro reputazione è già evidente. La decisione di Sberbank di lasciare il mercato europeo, annunciata nella notte, è un segnale chiaro. “È davvero la fine del mercato finanziario russo a cui siamo abituati”, ha detto Leonardo Pellandini, uno stratega della Banca Julius Baer riportato da Bloomberg. “Sembra proprio che stia diventando un mercato non investibile, almeno per gli stranieri. Ci sono troppe incertezze”. Per tentare di metterci una pezza il fondo sovrano russo utilizzerà fino a 10 miliardi di dollari per comprare azioni locali.

Secondo i calcoli di Bruxelles l’80% del sistema bancario russo è ora soggetto a qualche genere di sanzione imposta dall’Occidente, mentre l’esclusione delle sette banche russe dallo Swift (Vtb Bank, Bank Rossiya, Bank Otkritie, Novikombank, Promsvyazbank, Sovcombank e Veb.rf) attiva da oggi va a colpire il 25% dell’intero sistema. Dal 25% è esclusa la Veb.rf, in quanto si tratta di una banca di sviluppo. Tuttavia, spiegano le stesse fonti, essendo una componente grande e importante del sistema bancario russo, la sua estromissione dallo Swift ha un impatto considerevole. Nel nuovo pacchetto di sanzioni c’è anche il divieto di esportare euro in Russia “a qualsiasi persona giuridica o fisica in Russia, inclusi governo e banca centrale o comunque per il loro utilizzo in Russia”.

Bene invece le Borse europee che hanno chiuso in netto rialzo, in scia a Wall Street con Jerome Powell che si è detto favorevole a un aumento dei tassi di interesse di un quarto di punto in marzo. Lo stoxx 600 ha concluso la seduta in rialzo dello 0,91%. In terreno positivo Parigi (+1,59%), Francoforte (+0,69%), Londra (+1,49%), Madrid (+1,62%).

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