Il giudice scelto per fare il capo del Dipartimento amministrazione penitenziaria scrive alla ministra della giustizia. Una missiva in cui Carlo Renoldi si dispiace per le “polemiche che hanno accompagnato la pubblicazione di alcune frasi fraintese ed estrapolate da un incontro tenutosi nel 2020″. Il riferimento è a quanto pubblicato da Fatto Quotidiano e relativo a un convegno sul carcere organizzato a Firenze il 29 luglio 2020: il giudice sosteneva i provvedimenti “epocali” della Consulta “che hanno riscritto importanti settori dell’ordinamento penitenziario” e si congratulava per la sentenza che apriva ai permessi premio per mafiosi ergastolani che non collaborano, perché “ha minato alle fondamenta i dispositivi di presunzione di pericolosità sociale che sono incentrati sull’articolo 4-bis dell’Ordinamento penitenziario”. Poi aveva attaccato”l’antimafia militante arroccata nel culto dei martiri, che certamente è giusto celebrare, ma che vengono ricordati attraverso esclusivamente il richiamo al sangue versato, alla necessaria esemplarità della risposta repressiva contro un nemico che viene presentato come irriducibile, dimenticando ancora una volta che la prima vera azione di contrasto nei confronti delle mafie, cioè l’affermazione della legalità, non può essere scissa dal riconoscimento dei diritti”,

La lettera alla ministra: “Non era a conoscenza delle mie parole” – Parole che ovviamente hanno scatenato la polemica. Soprattutto dopo che Renoldi è stato designato al vertice del Dap, in sostituzione di Dino Petralia. Il magistrato tenta di gettare acqua sul fuoco scrivendo alla guardasigilli: “Illustrissima Signora Ministra, sento la necessità di scriverLe questa breve nota in relazione alle polemiche che hanno accompagnato la pubblicazione di alcune frasi fraintese ed estrapolate da un incontro tenutosi nel 2020, in occasione della commemorazione di Sandro Margara; polemiche di cui ovviamente mi dispiaccio, anche perché relative a considerazioni risalenti e di cui Lei, prima di oggi, non era certamente a conoscenza. Renoldi dunque sostiene che la guardasigilli non fosse a conoscenza di quel suo intervento. Possibile che il nome nel nuovo capo del Dap sia stato scelto senza prima verificare che posizioni avesse sul carcere duro? A leggere la lettera di Renoldi parrebbe di sì.

Il mea culpa del giudice – “In occasione di quel convegno, riflettevo sull’idea di carcere che, in particolare nel tempo della pandemia, vediamo affermarsi e, in generale, sull’idea di penalità che attraversa le società moderne. E in tale contesto, – cerca di spiegarsi Renoldi – ragionavo sulle pronunce della Corte costituzionale in materia di ergastolo ostativo”. Poi arrivano le frasi che spiegano il seguito del suo intervento, quello in cui attaccava “l’antimafia militante arroccata nel culto dei martiri“. Il giudice allarga le braccia: “Nessuno, men che meno io, può avere intenzione minimamente di sottovalutare la gravità del dramma della mafia, costato la vita a tanti colleghi e servitori dello Stato. E non ho mai messo in dubbio neanche la necessità dell’istituto del 41bis, essenziale nel contrasto della criminalità organizzata, per recidere i legami tra il detenuto sottoposto al relativo regime e il contesto delinquenziale di appartenenza. Come emerge da sentenze a cui ho contribuito nella Prima sezione penale della Cassazione, in cui si sottolinea la necessità che le singole misure restrittive siano specificamente finalizzate a tale esigenza”.

“Mia frase si prestava a equivoci” – Quindi arriva il mea culpa: “E così, proprio nell’incontro in ricordo di Margara, rilevavo, con una frase che forse si prestava a equivoci – (e questo mi addolora: verso i nostri martiri ovviamente avvertiamo un sentimento di riconoscente reverenza) – come sia necessario avere una proiezione sul presente e sui gravissimi problemi che esso pone, in relazione al carcere”, spiega il giudice nella sua lettera alla Guardasigilli. “Sull’ergastolo ostativo, – prosegue – le sentenze delle Alte Corti devono interrogarci su quali risposte dare e il Parlamento lo sta facendo, alla ricerca di una strada per tenere insieme uno strumento oggi ancora indispensabile, come l’ergastolo, e i principi dell’umanizzazione della pena e del trattamento rieducativo. Papa Francesco dice: ‘qualsiasi condanna deve avere una speranza”. Infine il magistrato scelto per guidare il Dap prova a inviare un segnale di apertura ai sindacati di Polizia penitenziaria, dopo le roventi polemiche delle scorse ore. “Quanto, infine, alle parole sui sindacati della Polizia penitenziaria, il mio pensiero, espresso in più occasioni pubbliche, è che i diritti sindacali sono diritti fondamentali, ma che soprattutto quando riguardano soggetti istituzionali o che esercitano servizi essenziali, sia ancora più necessario superare ogni logica corporativa. Spero – conclude Renoldi – di avere fornito utili chiarimenti sulle mie posizioni e che, alla fine, le polemiche di cui sopra possano essere archiviate come frutto di un evidente fraintendimento”.

L’intervento di Maria Falcone e Salvatore Borsellino – In verità, però, la missiva di Renoldi sembra non bastare per sopire le polemiche: tutt’altro. Sul dibattito è intervenuta anche Maria Falcone, sorella del giudice ucciso nella strage di Capaci e presidente della Fondazione che del fratello porta il nome. “In merito alla discussione sulla nomina dei vertici del Dap mi auguro che nella lotta alla mafia, che vede nella tenuta del regime carcerario duro per i boss uno dei suoi cardini, non si arretri di un millimetro. Qualunque tentennamento nell’applicazione rigorosa di norme che sono costate la vita a uomini delle istituzioni come mio fratello sarebbe un segnale pericolosissimo che sarebbe interpretato dalle mafie come un pericoloso indice di debolezza”, dice la presidente della Fondazione. “Ringrazio quelle forze politiche che con forza ribadiscono la necessità di difendere un’applicazione rigorosa del 41 bis e le conquiste ottenute nella lotta contro Cosa nostra- continua la sorella di Giovanni Falcone – Il nostro Paese si accinge a celebrare il trentesimo anniversario delle stragi di Capaci e Via D’Amelio, un anniversario di cui a parole tutti riconoscono l’importanza. Ci auguriamo che alle dichiarazioni seguano i fatti e che le istituzioni e la politica siano coerenti e dimostrino con azioni concrete il loro impegno contro le mafie”. Sulla questione è intervenuto anche Salvatore Borsellino, che dopo aver ricordato le frasi contestate di Renoldi, si chiede: “Che messaggio hanno deciso di mandare ai cittadini italiani la Ministra Cartabia e il Governo italiano? Vogliono forse comunicare che con la mafia si deve convivere? Hanno deciso di abiurare al loro giuramento di difendere i cittadini della nazione dal cancro mafioso? Se fosse così, pretendiamo che il Governo e la Ministra Cartabia si assumano la responsabilità di dichiararlo esplicitamente agli italiani e, soprattutto, alle vittime di mafia e ai loro familiari”, scrive il fratello del magistrato ucciso nella strage di via d’Amelio.

M5s: “Nome inadatto per il Dap” – Le polemiche non sembrano placarsi neanche sul fronte politico. Dopo le proteste dei giorni scorsi oggi i parlamentari dei 5 stelle in commissione Antimafia intervengono di nuovo sulla questione: “Crediamo che la massima attenzione debba essere rivolta alle vittime, a rafforzare il contrasto antimafia e non a dare benefici ulteriori a chi si è macchiato di reati che miravano a destabilizzare le istituzioni della Repubblica. Le garanzie per i detenuti esistono, così come esistono i benefici per coloro che decidono di collaborare e di abbandonare per sempre le compagini mafiose e i loro orrori”, scrivono in una nota. “Al Dap – aggiungono – crediamo che sia necessaria una figura che abbia come priorità la conservazione e la valorizzazione degli strumenti ideati dai nostri martiri, come Falcone, Borsellino, e molti altri, e che abbia massima attenzione per il difficile e massacrante lavoro della polizia penitenziaria. Basta con le picconate continue e inesorabili al 41bis”. Contrario alla nomina di Renoldi al Dap è anche Fratelli d’Italia, l’unico partito all’opposzione del governo. “Ci opporremo, anche nel culto dei martiri di mafia che tanto infastidiscono Renoldi, ad una nomina che rappresenterebbe un ulteriore cedimento alla cultura degli svuota carceri, dell’indulgenza senza sé e senza ma e che ancora una volta conferirebbe alla Polizia penitenziaria l’idea di essere abbandonata a sé stessa”, dice Andrea Delmastro, deputato e responsabile Giustizia del partito di Giorgia Meloni.

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Carceri, la maggioranza si spacca sul giudice scelto da Cartabia per guidare il Dap. I 5 stelle: “Vuole allentare le regole per i boss detenuti”

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