Venti milioni di euro di Iva non dovuta versati al costruttore della Pedemontana Veneta, il quale ora non vuole restituirli alla Regione Veneto. Ennesimi ritardi in un cronoprogramma che non è stato mai rispettato e fa slittare ancora la conclusione dell’opera cantierata più importante in Italia, dal costo di circa 2,5 miliardi di euro. Necessità di far pagare le penali ai costruttori. Ma anche opere complementari non più previste, necessità di far riconoscere alla superstrada il rango di autostrada con conseguente innalzamento del limite massimo di velocità da 110 a 130 chilometri orari. Infine, l’urgenza di ultimare il raccordo con la autostrada A4 Milano-Venezia, per aumentare i volumi di traffico. La sezione di controllo veneta della Corte dei Conti a distanza di un anno fa di nuovo le pulci all’iter realizzativo della Pedemontana che collegherà la A4 (all’altezza di Montecchio Maggiore) con la A27 Venezia-Belluno (all’altezza di Spresiano) transitando per le province di Vicenza e Treviso.

I giudici contabili non lesinano bacchettate alla Regione: “Tenuto conto che nessun profilo di criticità rilevato nel precedente referto risulta definitivamente superato, seppur siano in corso misure volte, quanto meno in parte, alla risoluzione o a mitigarne gli effetti, si raccomanda alla Regione di monitorare costantemente la loro evoluzione”. L’amministrazione guidata da Luca Zaia sembra leggere le carte in modo diverso: “La Corte dei Conti riconosce che sono state soddisfate tutte le raccomandazioni espresse nel precedente follow-up”. Ma vediamo quali sono i punti critici per un’opera la cui prima pietra fu posta nel 2011 e che nel 2013 si pensava di poter concludere nel 2016. Progressivamente il traguardo si è spostato, mentre la Regione è intervenuta con il Concessionario Sis, facendosi carico di oneri finanziari e rischi di mancati introiti. Finora sono stati messi in esercizio 56 chilometri di superstrada (da Malo a Montebelluna, compresa l’interconnessione con la A31 Valdastico), rispetto ai 94,5 chilometri totali, pari al 59,2 per cento.

La Regione si è affannata a spiegare che però lo stato di avanzamento dei lavori è arrivato al 93,45 per cento. L’ultima previsione di finire entro il 14 agosto 2022 è slittata al 2023. Scrivono i giudici: “Ad avviso della Regione, si può prevedere che l’intera Pedemontana potrà essere posta in esercizio (dopo la verifica ed il collaudo tecnico-amministrativo) presumibilmente entro la fine del 2022”. Le gallerie di Malo, che furono sequestrate dalla magistratura, sono ancora in fase di scavo e prima di maggio non cadrà l’ultimo diaframma. Poi i tunnel dovranno essere preparati per ospitare una superstrada a due corsie per ogni senso di marcia. I giudici ricordano che “l’andamento dei lavori ha subito altri ritardi, a fronte del termine ultimo di conclusione dei lavori contrattualmente previsto per l’11 settembre 2020”. Ma nel 2020 era prevista solo l’ultimazione dell’ultimo lotto, mentre quella degli altri lotti risale a ritroso nel tempo fino al 2017 e 2018: “Tali date di completamento dei lavori non sono state quindi rispettate”. Ed è anche su queste date che vanno calcolate le penali per il costruttore.

I giudici si raccomandano con la Regione perché “agisca per l’applicazione delle sanzioni” che sono di 25mila euro per ogni mese di ritardo. La Regione cerca di scaricare le responsabilità sulla pandemia: “Il Covid risulta, ai dati oggi disponibili e raccolti, l’unica motivazione, utile a giustificare solo parte dei ritardi. Le valutazioni complessive verranno fatte alla conclusione dei lavori, poiché la pandemia ed i suoi effetti non risultano ancora terminati, e quindi non quantificabili completamente. In ogni caso le penali sono da computarsi solamente alla fine di tutti i lavori, cioè quando sarà nettamente quantificabile il ritardo stesso”. Opposizioni regionali all’attacco. “Chissà se questo nuovo invito della Corte dei Conti sarà sufficiente alla Regione per sanzionare le imprese responsabili dei ritardi nella realizzazione della Pedemontana e incassare quanto dovuto sulla base di un contratto”, scrive il consigliere dem Andrea Zanoni. Cristina Guarda, di Europa Verde: “Il percorso argomentativo della Corte è chiarissimo. Le sanzioni vanno applicate in relazione a ciascun lotto per cui vi è ritardo, non già, come precedentemente sostenuto dalla Giunta regionale, a opera ultimata”.

Sulla conclusione dell’opera pesa anche il collegamento diretto con la A4, senza il quale si calcola un calo del traffico del 13 per cento. I lavori seguono, infatti, l’andamento dei cantieri dell’Alta Velocità e non sono in carico a Sis o Regione Veneto. L’ultimo bubbone riguarda 20 milioni di euro versati dalla Regione al Concessionario per l’Iva del 2012 e 2013. Già un anno fa la Corte aveva “raccomandato la tempestività nelle iniziative di recupero di 20.147.000 euro indebitamente liquidati a titolo di Iva non dovuta sulla quota di contributo finanziata per la realizzazione dell’opera”. Alle sollecitazioni la Regione ha risposto chiedendo alla Sis la restituzione dei soldi. Il Concessionario non ha pagato perché la restituzione determinerebbe una “esposizione finanziaria con un’istanza di rimborso dall’esito problematico”. E quindi finirà a carte bollate, con l’Avvocatura civica incaricata di promuovere le azioni di recupero.

Articolo Precedente

“Tra i clienti di Credit Suisse trafficanti di esseri umani, omicidi, corrotti e torturatori. Nascosti ottanta miliardi di dollari”

next
Articolo Successivo

Gruppo Onorato, le condizioni del Tribunale sul concordato di Moby e Cin: entro il 31 marzo l’accordo con i commissari di Tirrenia

next