Pagavano anche mille euro per ottenere tamponi rapidi negativi e dunque il Green pass. Sono 44 gli indagati per corruzione, tra insegnanti, operatori sanitari, un dirigente provinciale e perfino qualche divisa, che hanno ottenuto certificati fasulli tramite test negativi falsi nel centro tamponi di Pergine Valsugana, in provincia di Trento. La procura del capoluogo altoatesino ha disposto per tutti, in attesa dell’avanzamento del procedimento, lo stop ai certificati verdi: al momento sono stati sequestrati e annullati. È questo il primo atto dell’inchiesta del nucleo di polizia giudiziaria dei carabinieri che, in collaborazione con la compagnia della Guardia di finanza, a metà gennaio aveva scoperto un giro di presunti certificati verdi falsi.

Secondo chi indaga, la “tamponopoli” aveva base a Pergine: il centro tamponi, allestito a margine degli impianti sportivi, era gestito da un infermiere che aveva ottenuto dall’azienda sanitaria provinciale il codice univoco della banca dati collegata al ministero della salute per il rilascio dei green pass. Per il professionista e 3 collaboratori, tra cui la moglie, sono scattate le denunce per associazione a delinquere finalizzata al falso, corruzione e accesso abusivo informatico. Spulciando computer, telefonini e registro dei pagamenti gli inquirenti, coordinati dai pm Davide Ognibene e Giovanni Benelli, sarebbero risaliti ai primi 44 trentini sospettati di aver comprato i certificati. Ma l’elenco è lungo: in appena due mesi di attività il centro tamponi perginese avrebbe emesso 33mila green pass.

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