Due santi e un profano. Ma a far notizia è quest’ultimo. Perché è il presidente di Confindustria Puglia e il suo volto è raffigurato insieme a San Sabino e a San Benedetto in un’opera inaugurata pochi giorni fa all’interno della chiesa cattedrale di Canosa. Non solo. Quel profano è anche presidente della Fondazione Archeologica Canosina che ha commissionato il dipinto, tra l’altro dedicato a suo padre, l’uomo che ha dato vita all’ente decenni fa. Un groviglio di ruoli e nomine per un’opera ultraterrena che a Canosa sta provocando polemiche terrenissime. Sgombriamo il campo da ogni dubbio: il presidente di Confindustria si chiama Sergio Fontana e anche per lui è stata una mezza sorpresa rivedersi in quel quadro. Non voleva esserci, lo ha detto chiaramente all’artista quando si è accorto che il suo volto era immortalato sulla tela. E così il maestro Giuseppe Antonio Lomuscio ha trovato un escamotage: ha coperto il volto del presidente con una mascherina.

Ma c’è di più. Fontana non è l’unico volto noto ai fedeli di Canosa. Sulla destra della grande tela, parzialmente nascosto da un crocifisso, tutti hanno potuto riconoscere don Felice Bacco, parroco della cattedrale di San Sabino che ospita il quadro. I santi, a quel punto, sono passati in secondo piano: tra i fedeli è partito il “toto volto” e non solo. La polemica è divampata soprattutto perché la Fondazione che ha commissionato il quadro riceve fondi privati e pubblici: li versano la Regione Puglia e il Comune di Canosa. Non solo: ai rappresentanti dell’ente comunale nella fondazione quella sorpresa non è piaciuta e si sono dimessi. Il sindaco di Canosa, Roberto Morra, ha cercato di buttare acqua sul fuoco pur non nascondendo le sue perplessità: in una nota ha spiegato che a lui l’opera “piace tantissimo” perché forse è la prima volta “in cui ammiriamo un’immagine di San Sabino realistica, raffigurato come poteva davvero essere nel momento dell’incontro con San Benedetto”, ma ha precisato che “l’opera è costata alla Fondazione Archeologica Canosina 20mila euro” e “della scelta e dei costi del quadro si è occupato il consiglio di amministrazione della Fondazione ai cui componenti, al fine di decidere se realizzarlo o meno, è stata presentata una bozza del dipinto che si discosta dall’opera realizzata”.

Insomma secondo quanto afferma il sindaco, il progetto iniziale approvato dai committenti era diverso da quello che apparso in cattedrale. Il primo cittadino non fa esplicito riferimento ai volti di Fontana e di don Felice, ma è chiaro che quella apparizione miracolosa ha colto tutti di sorpresa. E forse, non è stata una bella sorpresa. “Ritengo – ha aggiunto il sindaco Morra – che il denaro di provenienza pubblica debba essere utilizzato per il perseguimento dei fini propri statutari dell’ente evitando di lasciare spazio alle autocelebrazioni. I riconoscimenti al proprio operato devono essere spontanei e provenire dalla comunità tutta”. Dalla Curia silenzio assoluto. Nessuna dichiarazione da don Felice e nemmeno dal vescovo monsignor Luigi Marsi che pure, qualche tempo fa, si era infuriato per la performance di Albano Carrisi durante un matrimonio proprio in una chiesa di Andria. La vicenda, però, è ormai di dominio pubblico.

Fontana prova a difendersi e contattato da ilfattoquotidiano.it spiega che è stata una volontà dell’artista e ricorda come anche grandi artisti come Caravaggio abbiano ritratto i committenti nelle loro opere: “Io quando ho saputo che voleva usare il mio volto gli ho detto che non era il caso. Ha coperto il mio volto con la mascherina, però non vedo niente di scandaloso. Quel quadro riporta tanti simboli legati a Canosa e al mondo dell’archeologia di cui ora nessuno parla. Per favore non buttate benzina sul fuoco: questa fondazione da 30 anni coinvolge tante persone che si tassano per delle finalità culturali e per gli altri”. Già gli altri. Soprattutto gli altri personaggi nel quadro, chi sono? “Non sono miei parenti o amici, chiariamolo subito – spiega Fontana – Già ho avuto troppi problemi per una cosa che doveva essere una bella cosa”. Anche l’artista Lomuscio conferma tutto: “Dovevamo raccontare di una antica amicizia tra san Sabino e Benedetto e dell’ascolto della Parola, ma doveva parlare anche di Canosa. Tutti sappiamo che la Chiesa è fatta di tanta gente: gente di ieri e di oggi. Ho scelto il presidente della Fondazione come volto nel popolo di Dio e anche il destinatario dell’opera, don Felice. È stata assolutamente una mia scelta, a loro insaputa. Ma attenzione – precisa l’artista – si fa da sempre. Non sono ovviamente il primo artista. Guardi io lavoro anche per San Pietro, raffiguro i santi esposti sul colonnato e attingo sempre dalla realtà e anche questa volta volevo che il quadro avesse una voce vera. Avrei compreso le polemiche se l’iniziativa fosse partita da Fontana, ma l’ho voluto io e solo io. Quei due volti rappresentano committenza e destinazione del dipinto, mondo laico e religioso. Le confermo che mi hanno chiesto di nasconderli e ho utilizzato l’espediente della mascherina e del crocifisso: credo che abbia dato più forza al dipinto. Gli altri? No – sorride Lomuscio – sono tutti di fantasia. Forse qualcuno potrà trovare somiglianze, ma le garantisco che sono tutti di fantasia”.

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