Inizia a manifestarsi in Kazakistan la guerra di potere tra la vecchia élite, quella dell’ex presidente e “padre della partria” Nursultan Nazarbayev, e il suo delfino, l’attuale presidente Kassym-Jomart Tokayev. Quest’ultimo ha infatti approvato il 7 febbraio alcuni emendamenti che riducono i poteri del suo predecessore, chiamato in causa dai manifestanti durante le violente proteste che hanno scosso il paese all’inizio di gennaio. Gli emendamenti adottati aprono quindi a una fase di contrapposizione esplicita tra lo storico presidente e il suo delfino, eliminando l’obbligo di coordinare le iniziative di politica interna ed estera con Nazarbayev, secondo l’agenzia di stampa filogovernativa Tengrinews. Secondo l’agenzia di stampa statale Khabar, gli emendamenti annullano anche il diritto di Nazarbayev a ricoprire la carica di presidente “a vita” del Consiglio di sicurezza e di un’assemblea consultiva responsabile della promozione dell’armonia interetnica nel Paese.

La rabbia dei manifestanti durante i disordini, che provocarono più di 225 morti e 10mila arresti, è stata infatti diretta in particolare verso l’ex presidente Nursultan Nazarbayev, 81 anni, che ha guidato il Kazakistan dal 1990 al 2019 prima di passare il testimone a Tokayev, uno dei suoi fedeli, mantenendo tuttavia una certa influenza e dandosi il titolo di “Capo della nazione” e mantenendo la guida del potente Consiglio di sicurezza. Ma già a gennaio la rimozione e l’arresto di Karim Massimov, capo del Comitato di Sicurezza Nazionale e uno dei massimi esponenti politici del gruppo vicino a Nazarbayev, dava elementi concreti di quanto profonda sia la spaccatura tra la vecchia e la nuova classe dirigente politica.

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