Corrado Pesce, alpinista italiano, è morto sul Cerro Torre, nella Patagonia Argentina, dove era bloccato da venerdì mattina perché ferito da una valanga. Il suo corpo è stato fotografato da un drone 50 metri sotto la piattaforma dove aveva passato la notte col compagno argentino Tomas Roy Aguilò, che si è salvato. Pesce, 40 anni, è stato bloccato per quasi 40 ore a quota 3.128 metri. Lui e Aguilò, che al momento si trova in ospedale, avevano conquistato la vetta del Cerro Torre quando si è verificato un incidente lungo la parete Est, in una zona pericolosissima e soggetta a continue valanghe. I due sono stati infatti travolti nel corso della notte da una scarica di neve e di pietre. Aguiló è riuscito a calarsi lentamente in corda doppia, andando incontro alle squadre di soccorso. L’alpinista italiano invece era ferito in modo grave e impossibilitato a muoversi: si trovava in un piccolo rifugio sulla parete, noto come ‘box degli Inglesi’ (la piattaforma di cui sopra).

“Non può essere vivo. A quell’altezza, e senza protezione adeguata, la morte per ipotermia arriva dopo massimo due ore”, spiega all’Ansa Carolina Codó, medico argentino responsabile del Centro dei soccorsi alpini di El Chaltén, che conferma: “Abbiamo potuto solo oggi ingrandire le immagini di un drone volato venerdì mattina nella zona dell’incidente. Si vede il corpo di Pesce scivolato 50 metri sotto la piattaforma dove aveva passato la notte con un compagno argentino”. Le ricerche, sospese in un primo momento a causa del maltempo e poi riprese, continueranno comunque, come assicurato dal console generale italiano a Bahía Blanca, Samuele Fazzi, che non vuole escludere l’ultima possibilità di ritrovarlo in vita: “Siamo coscienti delle condizioni difficilissime in cui l’alpinista si trova e dei danni fisici che ha subito, ma è escluso che si debba gettare la spugna prima di verificare materialmente le sue condizioni. Insomma, non si deve abbandonare quell’ultima speranza di vita che potrebbe ancora esistere”.

Il diplomatico italiano arriverà al El Chaltén per seguire i soccorsi, a cui partecipano anche numerosi alpinisti stranieri, mentre dalla Francia un gruppo da Chamonix ha dato la sua piena disponibilità a scalare la parete dove si trova Pesce, tra le più difficili del mondo. Prima di una spedizione bisognerà però verificare “dove esattamente si trova il corpo, che potrebbe essersi spostato”, spiega ancora Codò, e valutare “i rischi letali che potrebbero correre i soccorritori, visto che le alte temperature estive e i forti venti potrebbero mettere a rischio la loro sicurezza”. “Era uno dei migliori al mondo”, lo ricordano le guide alpine di Chamonix, la località francese alle pendici del Monte Bianco dove da qualche anno si era trasferito. “Forse avrebbe voluto così – aggiungono – restare sulle montagne che tanto ha amato”. Pesce, di Novara, è stato ricordato su Facebook anche dalla sorella.

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