“Abbiamo contatti regolari con il governo, abbiamo già detto che se l’elettrificazione non verrà sostenuta ci sarà un impatto sulla crescita del mercato dell’auto elettrica e questo genererebbe altre conseguenze“. Quali siano le conseguenze non è esplicitato. Ma le parole consegnate dall’ad di Stellantis Carlos Tavares a Repubblica, controllata dalla holding Exor della famiglia Agnelli che è anche primo azionista di Stellantis, sono piuttosto chiare. Il governo è avvertito: meglio riproporre gli incentivi per l’acquisto di auto elettriche – che invece la legge di Bilancio appena approvata non prevede – o a subirne le ripercussioni saranno, pare di capire, le fabbriche italiane. Che dal 2017 al 2021, stando ai dati appena diffusi dalla Fim Cisl, hanno visto la produzione di auto crollare del 45%.

Va detto che è la stessa domanda di Repubblica, fotocopia di quella che compare nell’intervista pubblicata dalla gemella Stampa di Torino in occasione dell’accordo Stellantis-Amazon, ad anticipare l’ovvia linea di azione: “Farete pressioni sul governo per evitare il rischio di una caduta delle vendite?”. La risposta ovviamente è sì. Un passo indietro: Stellantis come è noto nasce dalla fusione tra Psa e Fca, che nella corsa all’auto elettrica era partita con grave ritardo visto che l’ex ad Sergio Marchionne era a dir poco scettico e diffidente riguardo ai veicoli a zero emissioni. Tavares negli ultimi mesi, e in particolare dopo la presentazione del piano Ue Fit for 55 che impone che tutte le auto immatricolate dal 2035 siano a emissioni zero, si è scagliato senza esclusione di colpi contro l”elettrificazione forzata” paventando senza mezzi termini conseguenze sui posti di lavoro. Ora sembra far balenare un’alternativa: sì all’elettrico ma paghino gli Stati.

“Le tecnologie per l’auto elettrica attualmente hanno un costo più alto del 50 per cento rispetto a quelle tradizionali”, è il suo ragionamento. “Ovviamente non possiamo ribaltare per intero questo costo sui consumatori, soprattutto sulla classe media, perché smetterebbero di comprare. Allo stesso tempo non possiamo operare in perdita, perché saremmo costretti a ristrutturare le attività e questo avrebbe rilevanti ricadute sociali“. Quindi? “Abbiamo bisogno di un po’ di tempo, perché saremo capaci di assorbire i costi entro il 2025-2026. Questo significa che per i prossimi cinque anni sarebbe bene che i governi sostenessero le vendite con degli aiuti, in modo che anche le persone della classe media possano beneficiare dei vantaggi della mobilità pulita e sostenibile”.

Nel frattempo, en passant, il gruppo presieduto da John Elkann deciderà quanti dei “4.500 ingegneri dedicati al software” che il gruppo punta ad avere entro il 2024 saranno assunti in Italia. “Naturalmente ce ne saranno ma non posso ancora dire quanti. Abbiamo centri tecnici in tutti i Paesi dove operiamo e ovunque la comunità di ingegneri può candidarsi per i training. Abbiamo iniziato la selezione di chi vi parteciperà, forse in questo primo anno non arriveremo a mille partecipanti ma non ci andremo lontano. L’Academy sarà uno strumento molto potente per la trasformazione della nostra industria. Non c’è ragione per escludere nessuno dei nostri centri tecnici, anche in Italia”.

Scelte da fare in un quadro globale che vede la produzione negli stabilimenti italiani diminuire sempre più. Nel 2021, stando ai dati della Fim Cisl, i fermi per la carenza di semiconduttori hanno portato negli stabilimenti di Stellantis a una perdita produttiva che ha peggiorato persino i dati del 2020, con un calo del 6,1% a 673.574 unità (erano 717.636 l’anno precedente) mentre è addirittura -17,7% sul 2019. Per la prima volta dopo quattro anni “si va sotto quota 700mila”. Dal 2017 si è perso il 45% delle auto (da 743.454 a 408.526) e un terzo dei veicoli tra vetture e furgoni. La poco invidiabile palma del crollo peggiore spetta a Melfi che ha perso 66.202 unità (-28,8% sul 2020) scendendo a quota 163.646 unità prodotte: un valore che è meno della metà delle 390mila prodotte nel 2015.

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