Da una parte professori in quarantena o in isolamento perché positivi o sospesi per via dell’obbligo di vaccinazione con una situazione, quindi, che rende difficile l’organizzazione del rientro in classe, previsto per il 7 gennaio. Dall’altra uno screening con tamponi antigenici organizzato dalla Regione per il 6 gennaio dedicato solo ed esclusivamente a studenti di elementari e medie “con sintomi o contatti di positivi”, e quindi a bambini che, per principio, a scuola non dovrebbero tornare perché sotto sorveglianza o in quarantena. Nelle Marche a due giorni dalla ripartenza delle scuole è caos.

La Regione guidata dall’esponente di Fratelli d’Italia, Francesco Acquaroli, è in giallo ormai dal 20 dicembre e al 5 gennaio ci sono 22.938 persone in quarantena, tra positivi confermati (9.028, di cui 296 ricoverati e 8.732 in isolamento domiciliare), contatti di positivi e persone ancora da testare. Un numero altissimo per la popolazione delle Marche, appena 1 milione e mezzo di persone. E a risentirne inevitabilmente è anche la scuola. Se ormai “non fossimo allenati”, denuncia Riccardo Rossini, presidente dell’Associazione nazionale presidi delle Marche, la situazione sarebbe “delirante e surreale“. “Siamo in grande difficoltà – sottolinea a ilfattoquotidiano.it – E con l’aumento esponenziale dei contagi, sia tra gli studenti che tra i lavoratori della scuola, non sappiamo se siamo in grado di aprire il 7 gennaio, o meglio come apriremo. Tutto cambia dall’oggi al domani”. Secondo il dirigente “se veramente la scuola è l’ultima cosa che deve chiudere”, bisognava intervenire prima, “mettendo in sicurezza docenti, personale Ata e di segreteria“. Come? “Per esempio inserendo il green pass obbligatorio anche alle superiori e accelerando sulle vaccinazioni dei ragazzi e sulle terze dosi del personale”. Impossibile sapere già oggi quante scuole saranno in difficoltà il 7 gennaio: “Con le vacanze in mezzo, lo sapremo solo il 7 mattina. Alle superiori e alle medie avranno meno complicazioni, ma nelle primarie se il maestro non c’è saranno in grande difficoltà, sia le scuole che i genitori”.

Per ripartire in “sicurezza” la “soluzione” della Regione è stata un’altra rispetto al suggerimento di Rossini: un maxi screening nel giorno della Befana, cioè alla vigilia della riapertura, per la scuola primaria, le elementari, e per la scuola secondaria di primo grado, le medie. Ad essere tamponati non saranno i bambini asintomatici, ma potenzialmente positivi, ma, come si legge nella comunicazione ufficiale sul sito della Regione, “i sintomatici o i contatti stretti di positivi”, che, di regola, dovrebbero comunque non andare a scuola, proprio perché con sintomi, oppure dovrebbero prima terminare un periodo di quarantena dopo il contatto con il positivo. Un’operazione, ha tenuto a specificare l’assessore alla Sanità in una nota, “voluta da tutta la giunta”, che però è parsa alquanto strana all’opposizione. “Siamo alla follia totale – commenta al Fatto.it il capogruppo del Pd in consiglio regionale, Maurizio Mangialardi – Acquaroli non spende una parola per la vaccinazione pediatrica, strizza l’occhio ai no vax, e ora fa anche uno screening di massa di possibili positivi. Avrebbe dovuto fare il contrario: chiudere la scuola per tre giorni e fare tamponi a tutta la popolazione scolastica, esclusi i sintomatici. Non ha senso mettere al centro il sintomatico o il contatto di positivi che è già obbligato a rimanere a casa”. Il rischio, secondo Mangialardi, oltre a quello di possibili contagi nei centri tamponi, è anche quello di stressare ancora di più una struttura sanitaria già allo stremo, per colpa di una “direzione politica ondivaga e inadeguata” che, in aggiunta, “non è in grado di dare indicazioni precise”, mandando ancora di più “in impasse i sistemi sanitari”.

Raggiunto dal Fattoquotidiano.it, l’assessore alla Sanità Filippo Saltamartini, specifica che lo screening è rivolto a “sospetti casi di contatto con positività” perché “se il contatto è certo scattano le norme sulla quarantena”. La Regione con questa iniziativa “in qualche modo vuole collocarsi su una fase antecedente a quella disciplinata per il contatto e per i sintomi”, il “giudizio”, però, su chi sia conteggiato in questa “fase antecedente”, “è soggettivo, non ci saranno test di ammissione”.

Peccato però che sul sito della Regione sia scritto altro e il rischio che al centro tamponi si presentino anche soggetti in quarantena o bambini con sintomi è altissimo. “Quello che è scritto sul sito della Regione non è la Costituzione“, si giustifica Saltamartini rispondendo alla domanda sulla possibilità che le comunicazioni siano fuorvianti. Secondo l’assessore alla Sanità, inoltre, il rischio che lo screening si trasformi in un focolaio “è lo stesso di qualunque altro accertamento”. “Nei mesi di novembre e dicembre 2020 abbiamo fatto lo screening di massa gratuito per tutti nei palazzetti e non c’è stato nessun sovraffollamento”, continua. Era oltre un anno fa e l’infezione non correva veloce come oggi, con Omicron. L’obiettivo, specifica ancora l’assessore, “è garantire un servizio alle famiglie e al sistema sanitario” non “creare una scorciatoia” per eludere le norme vigenti. Cosa succeda però se un bambino con sintomi dovesse risultare negativo a un antigenico, con tutte le fallibilità del caso, e poi rientrare in classe dal 7 gennaio, non si sa. La segreteria dell’assessore all’istruzione Giorgia Latini, in quota Lega, interrogata sul tema, è elusiva e rimanda tutto in mano “alle decisioni del governo”.

In tutto il 6 gennaio sono previste 16 strutture che effettueranno “tamponi antigenici di ultima generazione, che hanno la stessa affidabilità dei molecolari”, come ha fatto sapere il governatore Acquaroli in una nota. Ma lo screening, fatto così, secondo Rossini “serve e non serve” perché “è un’istantanea del giorno prima. Il giorno dopo potrebbero esserci positivi che erano negativi allo screening”. “L’hanno previsto per i contatti di positivi e i sintomatici perché sono allo stremo, non sono in grado – spiega Rossini al Fatto.it – L’azienda regionale ha risorse limitate, è impegnata nel tracciamento dei positivi veri. Sono palliativi spinti dalla buona fede”. Una situazione ormai “al limite” che, addirittura, denuncia ancora il presidente dell’Anp, ha fatto diventare le scuole delle “succursali dell’Asur“: “Ci chiamano i genitori dicendo di essere un contatto diretto di positivi e noi non possiamo fare finta di niente. Dobbiamo sopperire in qualche modo, in scienza e coscienza, a una mancanza dell’Azienda sanitaria che non ce la fa a tracciare tutti”. Nel caos totale, intanto, a quanto apprende il Fatto.it, gli Istituti si stanno organizzando come possono. Prevenendo prima di curare l’eventuale emorragia di docenti, personale e studenti. Quel che è certo, salvo comunicazioni all’ultimo, è che il 7 gennaio si tornerà in presenza nella maggior parte delle scuole marchigiane. Come, con quanti alunni e quanti insegnanti, però, è un mistero.

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Coronavirus, i professori bocciano la ‘didattica mista’ prevista dal nuovo decreto in caso di positività nelle classi: “Soluzione delirante”

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