Tre giorni prima che il direttore di Caterpillar di Jesi, Jean Mathieu Chatain, annunciasse la chiusura dello stabilimento di via Roncaglia, Nicolò Caporaletti, 24 anni, era uscito dall’amministrazione camminando a un palmo da terra: “Mi hanno chiamato lì dentro per annunciarmi una promozione, da operaio addetto alle macchine a responsabile del reparto”. Indica la palazzina uffici, Caporaletti, assieme ai colleghi ieri in presidio permanente davanti ai cancelli della multinazionale. “Da gennaio – dice – avrei cambiato i turni, non prima di un periodo di affiancamento e un corso di formazione specifico. Questo accadeva il martedì, tre giorni dopo è scoppiata la bomba”.

Caporaletti è un lavoratore interinale dal giugno del 2017 e, oltre ad essere promosso, da gennaio sarebbe passato dalla posizione di staff leasing con l’agenzia a dipendente diretto Caterpillar. Quel venerdì 10 dicembre i delegati Rsu avrebbero dovuto discutere con Chatain proprio di un pacchetto di 15-20 assunzioni di lavoratori interinali: “Sarei sicuramente stato in quel gruppo – aggiunge Caporaletti, entrato in Cat a 19 anni – Per me quindi è stata una doppia fregatura. Vedevo già una vita diversa davanti a me, basta contratti da uno, due, sei mesi rinnovabili. L’obiettivo era comprare casa, mi ero informato con la banca, il mutuo me lo avrebbero concesso. Avessi fatto quel passo adesso sarei messo molto peggio. Io sono giovane, un lavoro lo potrei trovare con più facilità rispetto a tanti colleghi più grandi di me. L’agenzia mi ha proposto di cercare un’altra occupazione, ma io voglio andare avanti con questa vertenza. Dentro quel capannone non ho mai avuto un problema, ho trascorso anni belli e non posso abbandonare la lotta adesso”.

Quella di giovedì è stata una giornata intensa e piena di carica emotiva. Dal presidio davanti alla fabbrica, allietato da panini con la porchetta, vino e discussioni, al raduno a Jesi, a Porta Valle, nel pomeriggio, prima del corteo verso piazza della Repubblica. Ora arrivano le feste e quest’anno per i 270 lavoratori diretti, oltre ad almeno 500-600 addetti dell’indotto, sarà una ricorrenza molto diversa: “Io il Natale lo passo qui, davanti ai cancelli della mia fabbrica assieme alla mia seconda famiglia, a meno che il direttore non firmi il documento che ci rimette tutti al lavoro. Stasera preparo il sugo per le tagliatelle con la papera e l’umido. Moglie e figli sono d’accordo, sanno bene che non potrei stare a casa in una situazione come questa”. Graziano Baioni, 52 anni, jesino, è ormai una colonna della Caterpillar a cui ha dato più di metà della sua vita, ben 27 anni. Il giorno in cui il direttore ha annunciato l’invio delle lettere di licenziamento collettivo era appena arrivato in fabbrica per fare il turno pomeridiano. È stato lui, come si vede nelle immagini di quel 10 dicembre, a rincorrere Chatain e i suoi bodyguard prima che le forze dell’ordine lo fermassero: “Non ho ragionato su cosa stessi facendo, l’istinto mi ha spinto a corrergli addosso. Gli ho urlato ‘con questo stipendio ci sfamo la mia famiglia’ – aggiunge – Come si fa a dire ‘chiudiamo lo stabilimento’ così, senza colpo ferire? Nell’ultimo trimestre Caterpillar Jesi ha fatto 1,2 milioni di euro di ricavi, ha quasi il 100% dei risultati di produzione, la gente si è fatta il mazzo in questi anni tra straordinari e turni di notte. Noi ne usciamo a testa alta, unica e magra consolazione. Quel venerdì, la sera, dopo aver avvisato moglie e figli sono andato a letto senza neppure cenare. La figlia minore mi aveva chiesto un tablet per regalo a Natale, ma l’altro giorno mi ha detto ‘non ti preoccupare papà, posso farne a meno’. Capisce, non è facile”.

La decisione presa dalla multinazionale americana rischia di rovinare il futuro di centinaia di famiglie, oltre a rendere a loro modo indimenticabili le festività natalizie di chi entro febbraio potrebbe trovarsi senza lavoro. Operai e impiegati lasciati a terra. Eppure tra loro c’è anche chi sta peggio. Emanuele Argiolas è l’ultimo operaio assunto, sebbene col solito sistema interinale, alla Caterpillar, ma in un colpo solo la sua famiglia ha perso ben due stipendi: “Mio padre Antonio Filippo lavora in Cat da tredici anni. Lui ha sputato sangue per l’azienda – attacca Argiolas, 24 anni, in Cat dal maggio scorso – e questo è il ringraziamento ricevuto in cambio. Di botto ci ritroviamo senza due stipendi visto che io vivo ancora con i miei genitori. Entrare in Caterpillar per me era stato un grande risultato, una tappa importante della vita. Mi dicevano ‘cavoli, alla Caterpillar sei al top’. Con i primi stipendi ho comprato la macchina e il prossimo passaggio sarebbe stato andare a vivere da solo, specie se fossi entrato nel pacchetto di interinali da assumere a gennaio. Il posto assicurato, nessuno pensava a uno choc simile. Al direttore Chatain auguro un giorno di entrare in un negozio e comprare un po’ di coscienza, perché non ne ha avuta al momento di trattarci come carne da macello. Ecco cosa gli regalerei per Natale se potessi, un po’ di coscienza”.

Lavorare in una fabbrica metalmeccanica non è facile e soprattutto è pesante. Eppure la Caterpillar, come tante altre aziende del territorio provinciale anconetano, è una grande famiglia: “Si possono avere idee diverse, ma si lavora tutti insieme e in armonia – aggiunge al racconto del dramma collettivo David Carletti, 39 anni originario di Filottrano – Ero contento di venire in fabbrica, qui si lavorava alla grande. Per anni sono stato fianco a fianco con quello che sarebbe diventato il mio caporeparto, ci conoscevamo da quando eravamo ragazzini, dalle scuole. Adesso tutto ciò non esiste più. Quando è arrivata la notizia ho chiamato mia moglie e mi sono emozionato, in fondo Caterpillar è stata la mia casa per 18 anni. Comportarsi come hanno fatto i vertici della multinazionale è stato da vigliacchi, arroganti, bravi a dire una cosa e farne un’altra”.

Carletti è entrato in azienda quando era ancora giovanissimo. Diploma di perito agrario, ma quando dall’agenzia a cui aveva fatto domanda è arrivata l’offerta Caterpillar non ci ha pensato su due volte: “Mi ha dato la possibilità di avviare un progetto di vita – racconta Carletti -, una crescita costante. La casa col mutuo, il matrimonio e poi la nascita di una bimba che oggi ha 6 anni. Per fortuna lavora anche mia moglie, ma vivere con un solo stipendio potrebbe non essere così facile. Il Natale lo festeggerò in famiglia, ma il pensiero sarà qui alla fabbrica e infatti non farò mancare la mia presenza. Dopo le restrizioni del Covid l’anno scorso, adesso la botta del licenziamento. Alla fine il regalo ce l’ha fatto Caterpillar”.

Il presidio fisso davanti all’ingresso del grande stabilimento industriale alla Zipa di Jesi resterà attivo tutti i giorni, compresi quelli di festa: “Una rappresentanza sarà sempre presente, anche se penso che molti presenzieranno spontaneamente”, conferma Donato Acampora, delegato Rsu della Fim, che poi svela un retroscena legato al direttore dello stabilimento. “Chatain ha chiesto di venire in fabbrica, mangiare a mensa con gli altri dipendenti e addirittura presenziare anche al presidio. Glielo abbiamo vivamente sconsigliato. Lui afferma di non aver fatto nulla di male, solo di aver applicato un ordine dalla direzione centrale. In Francia, a Grenoble, dove c’è una sede importante del gruppo Caterpillar e da dove arriva lo stesso Chatain, il manager che aveva licenziato 730 dipendenti è stato ‘sequestrato’ in azienda per un mese. La sua è una chiara provocazione”.

Ne è convinto anche Roberto Guerro, 57 anni, in Caterpillar dal settembre 1997: “Chatain è un animale a sangue freddo, un ‘tagliatore di teste’, per lui siamo soltanto numeri. In quasi un quarto di secolo ho saltato il lavoro per dieci giorni nel 2015 a causa di una broncopolmonite che mi ha costretto a letto, per il resto sono sempre stato presente. Ecco come mi hanno ripagato. Vivo solo, nel 2012 è morto mio fratello, un anno e mezzo dopo mio padre e quasi due anni fa mia madre”.

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