Fiato sospeso in Cile per il ballottaggio per le presidenziali con le quali si sceglierà il successore di Sebastián Piñera. Si voterà fino alle 18 ora locale, con temperature fino ai 33 gradi. I due candidati hanno una storia e un profilo che più opposti non si può. Josè Antonio Kast (a destra nella foto in alto), avvocato, leader e fondatore del Partito Repubblicano, uscito da destra dal partito di destra pinochetista Udi, aveva esordito in politica come portavoce dei giovani per il sì al referendum del 1988 sulla proroga del regime di Pinochet. Gabriel Boric, 35 anni, deputato del Frente Amplio, è stato uno dei principali leader dei movimenti studenteschi del 2010/2011, ed è cresciuto politicamente nel mondo che criticava da sinistra gli accomodamenti della Concertación, la coalizione che ha prevalentemente governato il Cile nei trent’anni che hanno preceduto l’estallido social, la serie di manifestazioni di lavoratori e studenti del 2019.

Ma anche senza andare molto nel passato, Kast è stato il portavoce del fronte perdente che si è battuto contro l’avvio del percorso della Nuova Costituzione, mentre Boric è stato un protagonista delle varie mosse politiche che hanno portato nel 2020 all’elezione della “Convenzione Costituente” incaricata di redigere la nuova carta. Kast è arrivato primo al primo turno con un milione e 961mila voti, Boric secondo con un milione e 814mila. Nel contempo le elezioni parlamentari hanno visto un successo insperato delle sia pure divise componenti di destra che ora controllano metà del Senato. Il profilo dei due candidati presidenti è opposto, ma ciascuno dei due si troverà margini di manovra stretti e necessità di negoziare per tutti i provvedimenti – e non sono pochi – che hanno bisogno di un passaggio in Parlamento.

Dal 21 novembre a oggi è come se si fossero svolte due campagne elettorali. In quella ufficiale i due candidati hanno notevolmente moderato i loro programmi. Boric ha insistito sul carattere graduale e responsabile delle pur profonde riforme per introdurre un vero stato sociale alla europea in Cile. Kast ha promesso di rispettare le leggi laiche che pure non gli andrebbero bene e da ultimo ha promesso di rispettare l’attività della Convenzione Costituente. Quest’ultima tra l’altro deve concludere i suoi lavori entro il 3 luglio per poi sottoporre il testo costituzionale a un referendum confermativo nazionale.

Nella campagna elettorale più reale, nelle reti sociali, nei discorsi tra le persone è stata una campagna di opposte (o talvolta concomitanti) paure: da una parte la paura di un baldanzoso giovanilismo che lasci il Paese nelle mani della microcriminalità, del narcotraffico, del comunismo alla venezuelana, o come minimo della instabilità che fa crollare l’economia. Dall’altra la paura di un ritorno al passato, ai fantasmi della dittatura militare. Né Kast né i militari vogliono che si torni al regime. Il pericolo più concreto è un altro: che un governo Kast provochi anche involontariamente una nuova e più arrabbiata ondata di proteste, avviando una spirale protesta-violenza-repressione che si avvita. “Come si può credere davvero che con uno come Kast ci possa essere più ordine in Cile? In realtà siamo noi gli unici a poter garantire una certa pace sociale, perché rappresentiamo il cambiamento”: ha ripetuto più volte Boric.

Alla vigilia del voto, Kast – che non ha ricevuto sostegno da quello che era stato il candidato ufficiale del centrodestra, Sebastián Sichel – ha incassato l’appoggio di Franco Parisi, un candidato centrista qualunquista antipolitico che era arrivato terzo al primo turno. Se andassero a votare solo quelli del primo turno l’appoggio di Parisi potrebbe essere decisivo per Kast. Ma vari segnali indicano che andranno a votare anche molti elettori che si erano astenuti al primo turno. E questi andrebbero perlopiù per Boric.

Diario del Cile – Il blog di Paolo Hutter

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