Ed eccoci alla mia conferenza di fine anno. Come le cartomanzie di Brera e le palle di lardo di Mura, è un tentativo di dare logica, non sempre, all’ imprevedibile. E quindi, via.

Mario Draghi non andrà al Quirinale. Gli sarebbe magari piaciuto, ma i datori del suo lavoro non lo consentiranno. Perché, purtroppo, la crisi mondiale è tutto tranne che finita. Le varianti, l’inflazione, la riscrittura delle regole europee, il grande freddo con la Russia che diventa sempre più caldo, le conseguenti crisi energetiche. Non si gestisce questo groviglio tramite un anodino burocrate ministeriale come sostituto. Che poteva andare bene per mettere a terra i soldi europei, sotto il benevolente sguardo dal Colle, se Delta e Omicron non ci avessero messo la zeppa. Con tanta pace di Agamben le cose non van ben. Lo stato di emergenza non è finito. Spiace, ma è come l’Etna, quando smettere di eruttare lo decide lui.

Peraltro, un settennato Draghi potrebbe averlo davanti. In un palazzo meno bello, ma più operativo. Qui la palla di lardo si fa opaca ma non più di tanto. Roba da Capodanno 2023, ma se si supera il valico del Colle poi è tutta discesa. Con una curva che può farti finire nel fosso come Evenepoel, ma se sai guidare la bicicletta anche no. Ovviamente mi riferisco al voto delle politiche. Sondaggi e amministrative alla mano, una maggioranza filodraghiana, pure per la prossima legislatura, non è proprio l’esito più imprevedibile.

Certo assomiglia molto alla resa definitiva della politica partitica. Ma, se ragioniamo sui dati, mezzo paese l’ha già metabolizzata, smettendo, dopo la fine dello scontro bipolare, di credere al racconto del voto democratico. Non vota. Gli altri che ancora si accendono, si accapigliano e si odiano via social, debbono fare uno sforzo disumano per non guardare le contorsioni del proprio partito, mai con loro!! e poi subito con loro. E, credo, anche per non “pesare” a petto dei problemi, i propri leader, tutti (tranne Conte, per questo colpito e affondato) fatti di sughero e balsa.

Quindi, boh, chissà se tra quindici mesi avranno tutta questa pulsione irrefrenabile di affidarsi a un Letta, a una Meloni, a un Salvini, a un Conte come se fossero leader nuovi di pacca e non la paccottiglia rimasta di un triste decennio. Ma, come detto, qui ci si spinge troppo in là. Tornando al Colle, se davvero, come credo, i datori di Draghi lo vogliono imbullonato a Chigi, chi dopo Mattarella? Ecco, se è vero, importa poco.

Non sarà Berlusconi perché il momento è serio, e il Carnevale, benché di stagione al momento delle chiame, non sarebbe apprezzato. Un Carneade ben noto, a far da arazzo e a ricevere scolaresche, cui sia ben chiaro che nel 2023 non deve farsi prendere da ghiribizzi. Tutto molto triste, in effetti. Ma pensate, senza tifo, alle alternative, provate e provabili. Poi magari mi sbaglio di brutto. È il piacere della previsione.

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