Un crollo dell’efficacia per AstraZeneca ed un calo significativo per Pfizer. Due dosi di vaccino contro il Covid non sono sufficienti a scongiurare il contagio da variante Omicron: il dato emerge dal nuovo rapporto della Health Security Agency, l’agenzia britannica per la sicurezza sanitaria. La buona notizia, però, è che la cosiddetta dose booster alza significativamente la protezione fino a circa il 75%. Lo studio si è basato sull’analisi di 581 casi da variante Omicron e migliaia di Delta: viene stimata una trasmissibilità molto elevata e una crescita esponenziale dei casi. La conclusione è che entro Natale nel Regno Unito si potrà arrivare a oltre un milione di infezioni. Ma non è l’unico data a spaventare il governo di Londra: uno studio della London School of Hygiene & Tropical Medicine prevede tra le 25mila e le 75mila vittime entro aprile, ovvero nei prossimi 5 mesi.

Le prime analisi nel Regno Unito rispetto alle varianti Omicron e Delta confermano che i vaccini sono meno efficaci a fermare la nuova variante. Secondo le stime dell’Hsa, due dosi di Astrazeneca non offrono protezione dal contagio con Omicron, mentre la protezione con due dosi Pfizer si abbassa a circa il 40%. In entrambi i casi, però, la terza dose fa risalire la protezione dal contagio al 75%. È ancora troppo presto, invece, per capire se ci sia un calo anche nella protezione dal rischio di una malattia grave. Per ora, l’agenzia britannica per la sicurezza sanitaria ha comunque confermato che i vaccini offrono una buona protezione contro casi gravi di Covid per i quali è necessario il ricovero.

Il rapporto britannico segnala anche un aumento del numero di reinfezioni: il 7% dei casi di Omicron riguarda persone che avevano già contro il coronavirus, mentre questo dato si ferma allo 0,4% per quanto riguarda Delta. Ma il confronto che più preoccupa è quello che riguarda la trasmissibilità: il 19% dei casi di Omicron ha provocato focolai familiari contro l’8,5% con Delta. Per questo motivo, come la variante Delta è diventa in breve tempo quella predominante, l’agenzia britannica stima a questo punto che entro la metà di dicembre oltre la metà dei casi nel Regno Unito saranno della variante Omicron. I contagi crescono esponenzialmente, con un tempo di raddoppio a tre giorni. Per questo, conclude l’agenzia, se la crescita dovesse continuare immutata si potrà arrivare a oltre un milione di infezioni entro la fine del mese.

Sulla scorta di questi dati, il governo di Boris Johnson si interroga sulla necessità di adottare nuove restrizioni, oltre al “Piano B” appena entrato in vigore. E a mettere ulteriori pressioni su Downing Street arriva lo studio riportato oggi dal Guardian: gli esperti della London School of Hygiene & Tropical Medicine stimano che nello scenario più ottimistico (bassa fuga immunitaria di Omicron dai vaccini e alta efficacia dei booster), si prevede un’ondata di infezioni che potrebbe portare ad un totale di 175.000 ricoveri ospedalieri e 24.700 decessi tra il primo dicembre di quest’anno e fine aprile 2022. Lo scenario più pessimista preso in esame dagli esperti (elevata fuga immunitaria dai vaccini e minore efficacia dei richiami) prevede un’ondata di infezioni che rischia di portare a un picco di 492.000 ricoveri ospedalieri (circa il doppio di quello registrato a gennaio 2021) e 74.800 decessi entro aprile.

I due scenari, specifica lo studio, non tengono conto di ulteriori misure restrittive che potrebbero essere introdotto. Gli esperti però sottolineano la necessità di nuove strette, perché ritengono che indossare la mascherina e lavorare da casa non siano restrizioni sufficienti. Nonostante le incertezze su Omicron “queste prime proiezioni aiutano a guidare la nostra comprensione dei potenziali futuri in una situazione in rapida evoluzione”, ha sottolineato Rosanna Barnard, che ha co-diretto la ricerca, precisando che “il nostro scenario più pessimistico suggerisce che potremmo dover sopportare restrizioni più rigorose per garantire che il servizio sanitario nazionale non sia sopraffatto: è fondamentale che i responsabili delle decisioni considerino il più ampio impatto sociale di queste misure, non solo l’epidemiologia”.

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