A Santiago del Cile c’è caldo nelle ore centrali del giorno: molta luce, niente afa, moltissime mascherine. Poche in apparenza le tracce visibili della campagna elettorale per il decisivo ballottaggio del prossimo 19 dicembre, ma la gente ne parla moltissimo. Per quanto i due candidati abbiano moderato i loro programmi e allargato le loro squadre verso “il centro”, si tratta comunque di uno scontro frontale, epocale, tra due blocchi sociali e due mix sentimentali opposti. Come altre volte è avvenuto negli ultimi decenni, è come se il Cile rappresentasse un laboratorio, una prova generale, un manuale di scienza politica e sociale.

Appese a quelle poche centinaia forse poche decine di migliaia di voti che faranno la differenza tra Gabriel Boric e Jose Antonio Kast non ci sono solo le sorti dei prossimi quattro anni di governo di questo paese: c’è una prova quasi esemplare e simbolica del conflitto tra sinistra e destra (con tutti gli aggettivi e le virgolette necessari ad attualizzarlo nel 2021). Non potevo resistere al richiamo di essere qui, dopo esserci stato nel 1973, ragazzo giornalista militante e per qualche settimana anche prigioniero dell’esercito golpista. Almeno finora sono l’unico giornalista italiano venuto per le elezioni…

I due candidati rappresentano fin troppo bene le differenze radicali. Gabriel Boric, 35 anni, si è affermato come leader dei movimenti studenteschi. E’ nato in una famiglia di nipoti di immigrati croati, nell’estremo sud del Cile. Jose Antonio Kast è nato a Santiago, suo padre un ex ufficiale dell’esercito nazista emigrato in Cile. Cattolicissimi bavaresi, Kast ha 8 fratelli tra cui un personaggio chiave dei governi di Pinochet ed è padre di 9 (nove figli). Boric ha “la ragazza”, non si è ancora sposato.

Racconterò sul blog queste ed altre storie alla ricerca delle “cilenità” di questa tesissima vigilia elettorale, ma anche e soprattutto delle caratteristiche generali che ci ricordano qualcosa di casa nostra.

Un breve richiamo alle cifre, che sono sempre fondamentali per una elezione. Kast è arrivato in testa al primo turno, con due punti di vantaggio su Boric, ma ambedue sotto il 30. Ha votato solo il 47% (percentuale tradizionale). La forza dell’estallido, del terremoto di opinione e proteste che chiedeva cambiamenti radicali, ha provocato sì l’avvio dell’Assemblea Costituente, ma sembra un po’ esaurita e non ha trovato forse uno sbocco, una rappresentanza. E’ in questi giorni che si spera e si lavora in una rimonta.

I pochi incontri che ho avuto finora con gente comune non fanno statistica ma fanno capire i punti di vista. Involontariamente comica la situazione in cui l’anziana affittacamere mi rimprovera di essere tornato a mezzanotte senza avvisare (“estabamos preocupadisimos”) e ovviamente vota Kast “per la sicurezza”. A pochi metri, nel pittoresco Barrio Brasil, i ragazzi che fanno rap o che vendono artigianato sono tutti con Boric perché “non vogliamo che tornino i militari” mentre il gestore di un vegetariano teme invece che si arrivi a Venezuela e Nicaragua.

Non so come la destra, emarginata sulla difensiva in questi ultimi due anni, sia ora beneficiata da un certo ritorno alla moda di concetti come l’anticomunismo o il presunto lassismo della sinistra sula microcriminalità. Boric avrebbe potuto rispondere alzando semplicemente i toni antipinochetisti – in fin dei conti Kast è rappresentante di quella destra che si oppone al lavoro dell’assemblea costituente, che si oppone a tutto – e invece ha scelto di valorizzare il dialogo con la gente, con tutte le componenti sociali e generazionali. Ha scelto come capa della campagna la coetanea Izkia Siches presidente dell’Ordine dei Medici e porterebbe davvero una classe dirigente nuova al governo.

Ci sono tante cose da raccontare, continuiamo nelle prossime puntate.

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