Alla felicità per la liberazione di Patrick Zaki, Paola Deffendi, madre di Giulio Regeni, affianca una domanda rivolta ai governi italiani che si sono succeduti dal 2016 in poi: “Chiediamo che invece di chiedere a noi cosa proviamo ci sia il coraggio di chiedere a tutti coloro che si vantano della liberazione di Patrick Zaki perché non è stato possibile salvare Giulio. Perché non è stato possibile avere quattro indirizzi ai quali notificare che quattro persone sono indagate per la tortura e l’uccisione di Giulio”. Parole che la madre del ricercatore friulano sequestrato, torturato e ucciso tra il 25 gennaio e il 3 febbraio 2016 ha pronunciato durante un incontro organizzato a Genova sulla vicenda di suo figlio e che si riferiscono allo stop al processo che vede imputati quattro membri della National Security egiziana ai quali, però, non si è mai riusciti a notificare l’iscrizione nel registro degli indagati.

Se da una parte sono arrivati gli elogi per la diplomazia italiana dopo i risultati ottenuti con la scarcerazione dello studente egiziano dell’università di Bologna, che comunque risulta ancora imputato, dall’altra Deffendi si chiede perché la stessa diplomazia non è riuscita a ottenere risultati né per liberare Giulio prima che venisse ucciso né nel corso delle indagini con il regime egiziano. “Siamo immensamente felici che Patrick Zaki sia stato liberato. Purtroppo devo dire liberato ma non assolto”, ha dichiarato prima di tornare a fare pressione sul governo. “Da 6 anni noi seguiamo tutte le vicende egiziane e sappiamo cosa vivono e cosa può succedere – ha poi aggiunto – Abbiamo seguito la cattura dei nostri esperti al Cairo, quindi abbiamo capito come funziona quando li prendono, quando li liberano e poi quando si aspetta la loro assoluzione”. La liberazione di Zaki “mi emoziona moltissimo. Abbiamo capito che per noi era meglio rimanere in silenzio. Il non parlare esprime più delle parole, stasera vogliamo esprimere la nostra felicità – ha proseguito – Poi c’è una tristezza di fondo per gli egiziani. Per i Giulio e le Giulia, ogni giorno 3 o 4 scompaiono, e forse a volte non si sa più dove sono. Per Zaki c’è stata una forte pressione che ha portato alla sua liberazione. Ma ricordiamoci conto che 3 o 4 restano rinchiusi in quelle galere”.

Chi invece la pressione diplomatica non ha intenzione di attenuarla è il presidente della Camera, Roberto Fico, che ricorda di non voler riprendere i rapporti con gli omologhi egiziani dopo lo stop deciso nel 2018. “Per Zaki siamo tutti contentissimi. C’è stato un ottimo lavoro, monitoriamo perché è ancora in Egitto ma oggi siamo sicuramente contentissimi per lui, per la famiglia, per gli amici chiaramente – ha detto – Zaki e Regeni sono due persone assolutamente separate. Come sappiamo abbiamo avuto uno stop al processo, la magistratura va sempre rispettata, ma proprio per questo dobbiamo riuscire a fare un passo in più come Stato per cercare di avere l’elezione di domicilio dei quattro imputati. E non ci fermeremo“. Con quali strumenti “non lo dico adesso qui ma non ci fermeremo”. E ha poi aggiunto: “Lo stop (alle relazioni diplomatiche, ndr) continua perché è stato dato da tutta la conferenza dei capigruppo di Montecitorio. Insieme abbiamo deciso su mia iniziativa di sospendere le azioni diplomatiche. Lo abbiamo fatto sulla questione di Giulio Regeni”. Una posizione ferma, senza alcun processo di normalizzazione dei rapporti perché “ci aspettiamo ancora un avanzamento da parte dell’Egitto di collaborazione per la ricerca della verità e della giustizia per Giulio Regeni. Abbiamo anche un documento molto importante, votato all’unanimità da tutti i gruppi parlamentari, la relazione della commissione di inchiesta che dice nero su bianco che le forze di polizia giudiziaria di National Security hanno sequestrato torturato e ucciso Giulio Regeni”.

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