Il suo nome in codice durante la Seconda guerra mondiale era “è Rudarè“: l’arrotino, nel dialetto di Forlì, città dov’era nato. Sergio Giammarchi, partigiano e protagonista della resistenza al nazifascismo, è morto a 96 anni. Nato nel 1926, era il più giovane del battaglione Corbari. Dal dopoguerra non ha mai smesso di diffondere la propria testimonianza: un esempio è il libro Una storia partigiana, dove narra la sua profonda amicizia con i partigiani Silvio Corbari e Adriano Casadei, entrambi catturati dai nazifasciti, uccisi ed appesi ai lampioni di Piazza Saffi a Forlì il 18 agosto 1944, esposti insieme ai corpi di Iris Versari e Arturo Spazzoli. Così come non mancava mai di partecipare alle cene dell’Associazione nazionale partigiani italiani (Anpi). Per il programma televisivo Propaganda Live era diventato una voce autorevole nel contrasto al fascismo.

Al tempo stesso non aveva abbandonato la vita pubblica, presiedendo per tanti anni la Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa (Cna) della provincia di Forlì. Il sindaco del capoluogo di provincia, Gian Luca Zattini, lo ricorda come “un punto di riferimento importantissimo che con la memoria e il ricordo interpreta pienamente i valori della Resistenza e della costituzione. La notizia della sua scomparsa suscita profonda costernazione. Ma in questo momento di dolore riconosciamo forte e vivo il valore della sua testimonianza che rimane un punto di riferimento fondamentale”. Anche il governatore della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini ha voluto salutare “l’arrotino” con un post su Facebook: “”Si è spento il partigiano forlivese Sergio Giammarchi, componente del Battaglione Corbari e uno dei protagonisti della Resistenza nella nostra regione. Grazie per tutto quello che hai fatto per noi Sergio, che la terra ti sia lieve”.

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