“Non avevamo alternative con questo governo se non lo sciopero”. Ad annunciare la prima mobilitazione del comporta scuola in epoca Draghi sono stati i segretari nazionali di Flc Cgil, Uil, Snals e Gilda. Il 10 dicembre scenderanno in piazza i docenti e il personale Ata di tutt’Italia “contro un governo che ha scelto di disinvestire sulla scuola pubblica”. A defilarsi, tra i confederali, sarà solo la Cisl Scuola che spiega la segretaria Lena Gissi “ha gli stessi obiettivi ma metodi e strategie diverse”. Al centro della protesta la Legge di Bilancio dove – a detta delle organizzazioni che faranno sciopero – non ci sono risorse a sufficienza per i lavoratori del comparto dell’istruzione. Da tempo tra il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi e i confederali, l’intesa si era ingarbugliata.

Più volte i segretari avevano suonato il campanello d’allarme arrivando al punto di proclamare uno sciopero senza poi rompere totalmente i rapporti con il professore ferrarese. Nelle ultime settimane il clima si è decisamente surriscaldato: Flc Cgil, Uil, Snals e Gilda martedì della scorsa settimana hanno proclamato lo stato d’agitazione e l’interruzione delle relazioni sindacali. Un avviso a Bianchi alla vigilia dell’incontro convocato dal ministro per giovedì scorso proprio in merito alla manovra di Bilancio. La sera prima di sedersi al tavolo con l’inquilino di viale Trastevere Francesco Sinopoli (Flc Cgil), Pino Turi (Uil), Elvira Serafini (Snals) e Rino Di Meglio (Gilda) hanno deciso di non presentarsi.

“Ci aspettavamo – hanno scritto i sindacati – una diversa sede di discussione e confronto, magari dopo una valutazione politica che coinvolgesse l’intero Governo per cercare di comporre la vertenza in atto dando possibili risposte alle problematiche che abbiamo sollevato”. Un messaggio chiaro al ministro, riportato anche da una portavoce dei quattro, all’inizio dell’incontro di giovedì mattina al quale hanno partecipato, invece, la Cisl Scuola e l’ Associazione nazionale presidi. L’atteggiamento dei sindacati non ha scomposto più di tanto Bianchi.

Ieri l’ultimo tentativo di trovare un accordo attraverso la conciliazione. Un buco nell’acqua. Sinopoli e gli altri si aspettavano di guardare negli occhi Patrizio Bianchi ma al suo posto si è presentata la vice capo di Gabinetto Sabrina Capasso che altro non ha potuto fare che registrare l’opposizione delle organizzazioni sindacali. Stamattina il colpo finale con l’annuncio dello sciopero. “Evidentemente – ha detto il segretario della Flc Cgil – siamo ad un punto di svolta nelle relazioni con questo Governo: di là delle dichiarazioni roboanti e dei patti sottoscritti, Draghi e i suoi ministri hanno scelto di non investire nella scuola pubblica confermando la tendenza che va avanti da almeno quindici anni”. Per prima cosa Sinopoli punta gli occhi sugli stipendi degli insegnanti: “C’è un divario significativo tra la retribuzione del nostro settore e quello di altre categorie del pubblico”.

I quattro segretari rivendicano da mesi questi problemi: le risorse necessarie per il rinnovo del contratto; le relazioni tecnica e politica spostano denaro da un capitolo all’altro, a parità di impiego di risorse e persone, con giustificazioni formali, offensive e gravissime nei confronti dei docenti; gli interventi normativi, come la mobilità del personale, vengono fatti a costo zero; l’organico Covid, strumento d’emergenza utilizzato in pandemia, viene prorogato per gli insegnanti ma non per il restante personale. Duro Pino Turi della Uil: “In una manovra da 33 miliardi, si è deciso di destinarne agli insegnanti italiani lo 0,62% e nemmeno per tutti. Sono i 210 milioni di euro previsti nella Legge di Bilancio destinato al fondo di valorizzazione docente, per “premiare la dedizione”.

A conti fatti, ci sono 87 euro per l’aumento contrattuale, più i 12 euro (non per tutti) legati alla dedizione. Il calcolo a tre cifre è presto fatto. Ma non è neanche lontanamente quello che ci si attende. Il peggio di questa vicenda è che tutti ci danno ragione, ma nessuno fa niente per modificare questa impostazione. Lo dice anche il ministro dell’Istruzione, lo riaffermano le forze politiche, ma poi ognuno si stringe nelle spalle. E nella finanziaria si decide il contratto”. A prendere le distanze dalla mobilitazione è, invece, Lena Gissi: “Uno sciopero potrebbe non essere compreso in un momento storico come questo. Forse sarà necessario quando si andrà alla trattativa sul rinnovo contrattuale”. L’obiettivo della Cisl Scuola è quello di continuare a far pressione sul ministro, attraverso emendamenti alla manovra”.

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