“Nonostante l’impatto della pandemia sull’economia si sia indebolito considerevolmente, il Covid 19 non è stato ancora sconfitto e la ripresa è fortemente legata alla sua evoluzione, dentro e fuori l’Ue”. Con i contagi in forte aumento in Germania e in tutto l’Est Europa, le nuove previsioni economiche della Commissione Ue non possono che essere ancora una volta piene di incognite. Tanto più che le stime sull’inflazione sono state ritoccate al rialzo di non poco (2,4% nel 2021 contro il 2,2% previsto a luglio, 2,2% contro 1,6% nel 2022). Per ora comunque il tasso di crescita del pil è visto in rialzo a +5% per l’Eurozona, dal +4,8% previsto in estate, e il prodotto supererà il livello pre Covid entro dicembre. L’Italia è tra i Paesi che sono stati oggetto di una revisione al rialzo: +6,2% contro +5%. Anche se la Francia, data ora a +6,5%, ci supera nonostante nel 2020 Parigi abbia perso un punto in meno rispetto a Roma (-7,9 contro -8,9%). In compenso la Germania alle prese con la “pandemia dei non vaccinati” rallenta notevolmente: chiuderà il 2021 a +2,7% a fronte del 3,6% previsto da Bruxelles quattro mesi fa.

“Nell’Unione europea il rischio è particolarmente rilevante negli Stati membri con tassi di vaccinazione relativamente bassi“, premette l’esecutivo comunitario. L’Italia, nonostante i tanti disagi legati alle proteste No green pass, non è tra questi anche se la campagna vaccinale si è arenata e a partire dal Nord est i contagi stanno tornando ad aumentare. Il futuro è appeso alla capacità di convincere gli scettici e partire rapidamente con le terze dosi, anche per i quarantenni come annunciato ieri dal ministro della Salute Speranza. Allo stato attuale, secondo l’analisi della Commissione, l’economia cresce a ritmo sostenuto. Il Pil reale dovrebbe rimbalzare del 6,2% questo anno “prima che la crescita si moderi al 4,3% nel 2022 e l’economia dovrebbe tornare ai livelli di produzione pre-crisi entro metà del prossimo anno. Nel 2023, l’attività economica è destinata a espandersi del 2,3%, un tasso di crescita ancora notevolmente superiore alla media di lungo periodo, mentre ci si aspetta che l’output gap diventi positivo”

La spesa per investimenti “è destinata a crescere fortemente, grazie a una migliore prospettiva della domanda, favorevoli condizioni di finanziamento e il supporto dell’Rrf“, cioè il Recovery plan, “per le esportazioni, soprattutto di merci, si prevede che si riprendano quote di mercato nel 2021 e che cresceranno in linea con il commercio mondiale”. Più in chiaroscuro la situazione dei consumi: “Dopo il forte rimbalzo del 2021 che ha fatto seguito alla rimozione delle misure di contenimento, si prevede una crescita moderata del consumo privato. La crescita moderata dei salari e dell’occupazione è destinata a sostenere la spesa dei consumatori, che dovrebbe essere in parte intaccata dall’aumento dell’inflazione che pesa sui redditi reali disponibili”. A pesare è il fatto che ad accumulare risorse, durante i lockdown, sono stati soprattutto i più ricchi. Che per definizione, avendo sempre una disponibilità economica che non li costringe a rinunce, spendono una quota più bassa dei loro risparmi. “La concentrazione dei risparmi accumulati tra famiglie a reddito più elevato con una minore propensione al consumo rischia di limitare una più sostenuta ripresa dei consumi privati”, evidenza la Commissione.

Su questo fronte pesa anche il fatto che la compensazione reale dei dipendenti (dato che tiene conto dell’aumento dei prezzi) in Italia risulti in notevole calo: -1,2% quest’anno. Fa peggio solo la Spagna (-2,1) dove però dall’anno prossimo il dato girerà in positivo, mentre per l’Italia l’andamento resta negativo.

La disoccupazione poi è data in progressivo, lieve calo a partire dal prossimo anno quando dovrebbe scendere dal 9,8 al 9,3%. Siamo già sotto i livelli pre Covid ma ben sopra la media dell’Eurozona – 7,9% quest’anno e 7,5 in prossimo – e occorre un’avvertenza: il tasso ufficiale non comprende i tanti scoraggiati che un posto non lo cercano più, problema che con il passare del tempo si cronicizza allontanando troppo le persone dal mercato.

Quanto ai conti pubblici, il rapporto debito pubblico/Pil è destinato a diminuire dal 155,6% nel 2020 al 151% nel 2023, grazie alla ripresa e un aggiustamento favorevole dello stock-flow. Il deficit, dopo essere salito al 9,6% del Pil nel 2020, dovrebbe diminuire marginalmente al 9,4% nel 2021 e poi al 5,8% nel 2022 e al 4,3% nel 2023.

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