Dal mercato nero in mano alle mafie ai “buchi nel cervello”, passando per “il primo passo verso le droghe pesanti”. Chi prova a bloccare il referendum per la Cannabis legale si attacca a falsi miti e bugie. Ecco perché i promotori della consultazione hanno deciso di diffondere un decalogo con le dieci bufale e rispettiva smentita. Il 28 ottobre sono state depositate in Corte di Cassazione le 630mila firme a favore del Referendum sulla legalizzazione della cannabis depositato lo scorso 7 settembre con l’obiettivo di andare al voto la prossima primavera per cambiare l’attuale normativa. Il referendum è sostenuto da Associazione Luca Coscioni, Meglio Legale, Forum Droghe, Antigone, oltre che da partiti come Radicali italiani, +Europa, Sinistra Italiana, Possibile, Volt, Potere al popolo e Rifondazione comunista e il comitato, che aveva dichiarato come le firme raccolte rappresentano “un’omogeneità che sottolinea la portata e l’interesse” del tema, ora punta tutto sulla sensibilizzazione al tema. “Si fa sempre più urgente”, ha detto Marco Perduca dell’Associazione Luca Coscioni e presidente del Comitato promotore, “promuovere dibattiti di approfondimento per fare informazione sulla base di fatti e per aprire a un dialogo con scettici e contrari in vista del voto nella prossima primavera”. E ha continuato: “La più odiosa tra le menzogne usate in questi giorni è quella relativa al via libera alla guida strafatti”. “Chi la usa mente sapendo di mentire” ha aggiunto Leonardo Fiorentini. “L’insinuazione che con la legalizzazione della cannabis avremmo un’ecatombe sulle strade è semplicemente un mito proibizionista”.

“La legalizzazione non ridurrà il mercato nero delle mafie”

Falso. Il comitato sottolinea come le mafie ricavano dal narcotraffico, anche di cannabis, grandi flussi di denaro. Un mercato da 16,2 miliardi di euro di cui 6,3 miliardi di euro ricavati sollo dalla cannabis, sottolinea la relazione annuale del Parlamento sulle tossicodipendenze del 2021. Così le mafie usano il mercato degli stupefacenti come un bancomat per fare riciclaggio in attività legali. La legalizzazione della cannabis è in questo senso l’unica arma per dare un colpo alla criminalità organizzata aprendo una via per poter punire legalmente i reati più gravi e rintracciare le droghe più pericolose.

“Non esistono droghe leggere e droghe pesanti”

Falso. Dopo 60 anni, la cannabis è stata rimossa dalla lista delle sostanze dannose della Convenzione sugli stupefacenti. Un risultato ottenuto grazie ai risultati della letteratura scientifica, che ha dimostrato come la cannabis sia meno pericolosa rispetto non solo rispetto all’eroina ma anche ai legalissimi alcol e tabacchi. In base a questi dati, nel dicembre 2020 l’Organizzazione delle nazioni unite (Onu) ha approvato una raccomandazione dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che riconosce l’uso terapeutico e scientifico della cannabis.

“La cannabis è una droga di passaggio”

Falso. L’analisi di Hudson Reddon pubblicata nel 2012 sulla “Drug Alchool Review” ha dimostrato che la cannabis è spesso utilizzata come sostanza di uscita dalle dipendenze da droghe più pesanti, come eroina e cocaina, è una alternativa medica ai farmaci oppioidi e il suo uso terapeutico diminuisce le morti per overdose da oppiacei. Inoltre, come dimostra il testo dei ricercatori della Boise University dell’Idaho Cody Jorgensen e Jessica Wells, “Is marijuana really a gateway drug?”, l’uso frequente di marijuana in realtà è inversamente correlato all’uso di altre sostanze: pochissimi dei 20 milioni di italiani che hanno usato cannabis nella vita sono passati all’eroina, si legge sul sito che promuove il referendum. L’unico legame tra la cannabis e le droghe pesanti, ci tiene a ribadire il comitato, “sono gli spacciatori e con la legalizzazione si spezzerebbe questo legame una volta per tutte”.

“La legalizzazione aumenterà il consumo tra i giovani”

Falso. Basta prendere i dati del Colorado, il primo stato che ha legalizzato la marijuana negli Usa, nel 2012. Sul sito del comitato si legge che in questi sette anni nel paese si è registrata una costante diminuzione del consumo tra i giovani (oggi intorno al 20%). Così come in Canada, dove il numero di giovani consumatori si è praticamente dimezzato dopo la legalizzazione nel 2018, passando dal 19,8% al 10,4%. Ma non è una tendenza d’oltreoceano perché il Portogallo, che ha decriminalizzato la sostanza nel 2001, ha la percentuale più bassa di giovani consumatori: 14%. “In Italia, invece, dove ci sono le leggi sulle droghe più severe d’Europa, il 28% degli studenti italiani ha fatto uso di sostanze nell’ultimo anno. Il 6% dichiara di aver iniziato prima dei 13 anni”, così il comitato chiude la questione.

“Aumenteranno i costi sanitari”

Falso. Il sito decide di smontare questa bufala partendo da un dato storico: il picco di casi di cirrosi epatica negli Stati Uniti si è avuto negli anni del proibizionismo. Questo perché il mercato nero permette di aggirare i controlli sanitari sul prodotto, portando sul mercato merce scadente. L’hashish o l’erba che si compra in strada è spesso contaminata con sostanze nocive come lacca, lana di vetro e piombo. La legalizzazione è il primo passo per poter sapere cosa si usa e conoscerne gli effetti grazie a campagne informative. Se proprio si vuole parlare di costi, scrive il comitato, si prenda un dato: “Quasi il 40% di chi entra in carcere è tossicodipendente”. Chi fa uso di sostanze finisce in una struttura detentiva e non di riabilitazione, con costi che ricadono sui cittadini.

“Il referendum promuove la cultura dello sballo”

Falso. Come esistono le pubblicità “Bevi responsabilmente” o le foto dei danni da nicotina sui pacchetti di sigarette, la legalizzazione del fenomeno permetterebbe di parlare degli effetti collaterali. “Qui non si tratta di promuovere o meno certi tipi di comportamenti ma si tratta di riconoscere che il consumo di cannabis è un fenomeno che esiste e che va trattato con serietà e responsabilità come fenomeno sociale, e non represso con la legge penale”, si legge sul sito del comitato.

“Si potrà guidare strafatti”

Falso. Il possesso della sostanza non equivale all’uso. Quindi se si viene trovati alla guida con un quantitativo di cannabis addosso non si verrà puniti dalla legge, ma se si è sotto l’effetto arriverà una sanzione penale, secondo l’articolo 187 del Codice della strada. Sul fronte invece degli incidenti stradali, i dati che provengono dagli stati USA che hanno legalizzato la cannabis dimostrano che non vi è alcuna variazione statisticamente rilevante dell’incidentalità stradale rispetto agli altri stati che non lo hanno fatto.

“La cannabis crea buchi nel cervello”

Falso. I promotori del referendum non si vogliono nascondere dietro un dito: “La cannabis ha sicuramente effetti psicoattivi e non si possono escludere variazioni della funzionalità dei neuroni dovuta al suo uso”, ma gli studi per trovare questi buchi nel cervello non hanno dato particolare successo. In particolare va segnalato lo studio su due gemelli. Uno fa uso di marijuana e l’altro no, ma non si è notata alcuna riduzione del quoziente di intelligenza, danno alle funzioni esecutive o riduzione delle performance educative.

“Si legalizzeranno anche le droghe pesanti”

Falso. “Depenalizzare la coltivazione delle piante stupefacenti non significa legalizzare tutte le droghe”. Il referendum proposto riguarda la cannabis, l’unica sostanza che non richiede alcun passaggio dalla fioritura al consumo. Invece, si legge sul sito: “la detenzione di piante, foglie e fiori a fini di spaccio e le attività di fabbricazione, estrazione e raffinazione, necessarie ad esempio alla cocaina e l’eroina, continuano ad essere punite.

“La cannabis di oggi è più potente che negli anni sessanta”

Falso. Anche qui, è inutile negare che moderne tecniche di coltivazione indoor come l’idroponica o alla selezione genetica dei semi si possa raggiungere percentuali superiori di Thc rispetto ad anni fa. Ma bisogna anche considerare lo sviluppo delle tecniche di rilevazione del Thc. Questa teoria secondo il comitato per il referendum, si basa “sul paragone fra i pochi campioni sequestrati dalla Dea negli anni Settanta e quelli raccolti a partire dagli anni ottanta, più numerosi ed affidabili”.

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