“Stavolta che ha fatto di male Renzi?”. Nulla, anzi, per qualcuno “esporta la democrazia”. C’è una tempesta di sabbia attorno al segretario di Italia Viva volato a Riyad proprio mentre in Senato veniva affossato definitivamente il ddl Zan contro l’omotransfobia, delitto di cui i senatori renziani sono primi indiziati. Ma pochi tra i neoeletti del partito di Matteo Renzi la vedono. E anche se li trascini dentro la contraddizione, la scansano in ogni modo o cercano di camminarci sopra a balzelloni. Tutto per evitare la trappola della coerenza in politica da cui si esce con molto esercizio. Perché non c’è dubbio che Italia Viva, al netto delle dichiarazioni trionfali, dalle amministrative abbia portato a casa giusto un manipolo di sindaci nei piccoli comuni, qualcuno iscritto a Italia Viva per caso, qualcun altro con la certezza di lasciarla prima possibile, attratti dall’idea di una collocazione “terza” nel centrosinistra. Dove vorrebbe pescare Carlo Calenda, per capirci. La domanda per tutti è la stessa: Renzi a Riyad mentre veniva ucciso in culla il ddl bandiera del centrosinistra.

“Alla fine che ha fatto di male Renzi? Tenta di portare diritti e tutele dell’Occidente dove non ci sono, che male c’è?”. Parola di Valerio Ferrari, classe 1992, appena riconfermato sindaco a Terzorio, provincia di Imperia, con 124 voti. Ha 29 anni e quando Renzi ha lasciato il Pd lo ha seguito iscrivendosi alla scuola politica di Italia Viva dove probabilmente ha affinato l’arte nobile di arrampicarsi sugli specchi. Fa parte di quel manipolo di eletti, tutti con liste civiche e mai col logo di partito, per i quali il segretario aveva esulato parlando di un “grande risultato”. Quando gli si fa notare che quello è un regime e che è altamente improbabile che Renzi fosse lì, pagato dal principe Mohammed Bin Salman, per una lezione di diritto risponde che “anche Tony Blair o Macron fanno conferenze in giro per il mondo”, tant’è. E quell’assenza proprio mentre veniva impallinata la legge sul diritto a non essere discriminati per il genere? “Renzi ha molta visibilità a livello mediatico ma i senatori sono 315 e non si può dare la colpa a lui, i franchi tiratori sono stati molti di più. Poi Letta aveva aperto a modifiche quindi il segretario avrà pensato che aveva il tempo per fare quel viaggio”. Insomma, nessun imbarazzo.

“Io sto con Renzi a 360 gradi”, dice ad esempio Alessandro Di Santo, medico con lunga esperienza di sindaco a Castelvenere, provincia di Benevento, passato dai democristiani ai renziani. “Sul ddl Zan è il Pd che ha sbagliato, non si può imporre un testo così. Bastava modificare un pochino e poteva passare. Poi i diritti dei cittadini non sono di destra o di sinistra. Ma il Pd ne ha fatto una bandiera era solo cercare polemica”. E Renzi che va Ryad mentre quella battaglia cui aveva aderito andava a rotoli? “Renzi la sua posizione l’ha sempre espressa, non è che devi stare in Parlamento il giorno che si vota a dire le stesse cose. Che faccia conferenza è vietato dalla legge? Finché non c’è un reato è una polemica sterile, un buttare fango per eliminarlo”. Tra i neosindaci per cui il capogruppo Ettore Rosato aveva esultato via Twitter l’indomani dei risultati c’è Carmine Lisanti, neosindaco di Ferrandina, in provincia di Matera. Rosato non sa che Lisanti è solo formalmente iscritto a Italia Viva dal 2019 ma ha già le valigie in mano per tornare, probabilmente, al Pd perché “Renzi ha posizioni che spesso sconfinano nella destra, dove io ho messo dei paletti. A volte come nel caso del viaggio a Riyad io non lo seguo perché non capisco se fa le cose per il bene comune o per cosa. Qui in Basilicata il Pd è ancora un partito da modernizzare ma io sto seriamente pensando di mettermi in mezzo”. Dove, in mezzo ai due litiganti, potrebbe presto arrivare un Calenda.

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