“La procura di Roma ha un’autopsia di più di 260 pagine. È la testimonianza più grande che possiamo offrire sul non rispetto dei diritti umani“. Sono le parole della madre di Giulio Regeni, Paola, riferite nel corso di un intervento in collegamento con la sottocommissione Diritti umani del Parlamento europeo. Ottenere verità per suo figlio significherebbe “anche aiutare il popolo egiziano”, ha proseguito la donna. “Con Giulio, tutto il mondo ha capito” che nell’Egitto di Abdel Fattah al Sisi “anche a uno straniero può succedere di essere preso, torturato e ucciso”.

Nei giorni scorsi il processo a carico dei 4 agenti segreti egiziani è stato interrotto dopo sette ore di camera di consiglio, dopo che la corte d’Assise di Roma ha deciso che gli atti devono tornare al giudice per l’udienza preliminare. Il nodo stava nell’assenza degli imputati: non è emersa la prova che i quattro – tutti esponenti dei servizi di sicurezza egiziani – fossero a conoscenza del processo aperto in Italia a loro carico. Secondo i giudici, perciò, non è provato che gli imputati abbiano deciso volontariamente di essere contumaci, e questo ha reso necessario lo stop. Davanti alla sottocommissione è intervenuta anche Alessandra Ballerini, avvocato della famiglia Regeni: “Gli ambasciatori dei nostri Stati, così come i ministri e i capi di governo dei nostri Stati, sono lì continuamente a stringere le mani ad Abdel Fattah al Sisi o ai loro omologhi egiziani. E non si riesce ad ottenere l’indirizzo”. Per Ballerini, così facendo “si impedisce il processo e si conclama l’impunità di chi sequestra, tortura e uccide, in questo caso un cittadino europeo, ma sono gli stessi che torturano, sequestrano, uccidono 3-4 cittadini egiziani al giorno. Noi rinunciamo ad avere gli indirizzi di 4 funzionari che lavorano di fatto per il ministero degli Interni egiziano. Sarebbe facilissimo averli: non ci siamo riusciti, in cinque anni e mezzo, perché evidentemente non c’è la volontà di processare di chi sequestra, tortura e uccide. È un’impunità traumatizzante, ma non può essere definitiva”, ha aggiunto. “Chiediamo agli ambasciatori dei Paesi Ue, a tutte le istituzioni dei Paesi Ue, al Parlamento Europeo – aggiunge – di fare tutte le pressioni possibili per avere l’elezioni di domicilio dei 4 imputati del sequestro, delle tortura e dell’omicidio di Giulio Regeni. E di subordinare a questa condizione qualunque altro affare. Non c’è affare che possa tenere – conclude – davanti a chi sequestra, tortura e uccide un cittadino europeo”. Come è stato anche scritto nella decisione della Corte d’Assise, “non c’è stata nessuna collaborazione da parte dell’Egitto. Non si può più avere fiducia nei confronti di un regime che promette e poi agisce in modo completamente diverso”, ha sottolineato l’avvocato Ballerini nelle repliche. “A noi in cinque anni e mezzo è stata promessa collaborazione, è stato detto che Giulio era un portatore di pace e un amico dell’Egitto e che ci avrebbero riconsegnato i suoi effetti personali. E ci hanno preso in giro sistematicamente e dolorosamente”, ha aggiunto, scandendo uno per uno i nomi dei quattro imputati.

Il padre di Giulio Regeni, Claudio, chiede all’Ue “parole e non azioni. Le singole nazioni procedono in base a interessi particolari” nei confronti dell’Egitto, malgrado la “situazione molto preoccupante per i diritti umani”. Ciò nonostante, “si organizzano esposizioni e fiere di armi, sponsorizzate da ditte di nazioni Ue”. All’Unione Europea “chiediamo supporto con azioni, oltre che con parole”. E ha ricordato: “Siamo stati nel 2016 presso la vostra sottocommissione e vi abbiamo chiesto di intervenire con delle risoluzioni precise, però in tutti questi anni abbiamo sentito soltanto parole e poche azioni, nessuna reale conseguenza è stata presa mentre le azioni singole vanno avanti secondo i propri interessi particolari. In Egitto c’è una situazione preoccupante per quanto riguarda i diritti umani e questo è stato denunciato sia dall’Onu, sia dall’Ue. Abbiamo fatto un esposto contro il governo italiano per violazione della legge 185/90 che vieta la vendita di armi ai Paesi che violano i diritti umani. Questo non viene rispettato da nessuna nazione europea ed extra europea”.