di Ilaria Muggianu Scano

Tanti marcatori di spirito tierno già ci stavano avvisando, qui e là tra le pagine di cronaca, del grande revival della devozione italiana in direzione materna. Oggi possiamo unire i punti della costellazione e osservare quale sia il fil rouge che unisce il nuovo corso della storia affettiva tra madre e figli.

Tantissimi hanno riso sotto i baffi ma altrettanti si sono inteneriti durante la festa scudetto dell’Inter, a San Siro, la scorsa primavera, davanti al comico siparietto familiare di Alessandro Bastoni, difensore nerazzurro, classe ’99, mentre consuma un trancio di pizza con la mamma pronta a nettargli il muso. Impossibile non ricordare lo scatto, trend topic per giorni. La tendenza prosegue, sempre in ambito calcistico, quando dopo il goal decisivo a suggello delle notti magiche dei campionati europei di calcio, Federico Chiesa, 23 anni, urla dal manto verde di Wembley: “Ti amo mamma”. Solo successivamente sarà il turno della fidanzata dell’azzurro di proprietà della Juventus.

Dall’ambiente machista per antonomasia si passa a quello più poetico e meno virilizzato della musica rock italiana. Damiano David, 1999, rivoluzionario frontman dei Måneskin – banda riempi stadio, star del new rock mondiale, ormai, alla vigilia della consacrazione americana, si può dire a voce alta – stile eccentrico, outfits indie glam che rievocano David Bowie e una devozione per la madre Rossella con il quale è cresciuto. E tu sei fuori di testa, ma diversa da loro dall’alterità bruta, l’alterità altra dalla purezza del rapporto non protettivo, ma paritario, con una madre alla quale non chiede permessi o accampa scuse ma chiede venia per ogni peccato di lontananza: Scusa mamma se sono sempre fuori. Un inno alla maternità, dunque, il brano iconico e vero talismano della band, Zitti e buoni, che troneggia sulle classifiche dal principio del 2021. Qualora permanessero dei dubbi, il primo abbraccio dopo il trionfo all’Eurovision, ancora una volta, non è stato per le fidanzate.

Dal rock al rap il rapporto dei protagonisti della scena musicale italiana con la figura materna non cambia. “Io e mia madre siamo una squadra, un team”, dichiara Mahmood, rapper sardo marocchino, circa il suo rapporto con Anna, unica figura genitoriale, è lei che ha ricevuto il primo abbraccio dopo la vittoria di Sanremo 2019. Ancora una volta un rapporto di amicizia-filiazione in cui non emerge alcun gap generazionale o il desiderio di emanciparsi dalla figura materna per conquistare l’età adulta. Maternità offerta quindi come sostegno discreto, protezione e presenza costante ma in dissolvenza.

Non chiamiamoli mammoni insomma. È cresciuto. Si è evoluta la consueta concezione del rapporto madre-figlio di concezione macchiettistica, tutta italiana. A spiegarlo nel dettaglio, tanto da realizzare un vero manifesto dell’amicizia-filialità è, stavolta nel mondo della letteratura, Angelica Grivel Serra, autrice ventenne pluripremiata che nel suo best seller, l’autobiografico L’estate della mia rivoluzione (Mondadori), del quale è in fase di produzione la trasposizione cinematografica, tratteggia in Valeria la genitrice iconica dell’intera Generazione Z. In Valeria emerge tutta la differenza che intercorre tra educare e allevare un figlio. Nell’azione educativa di Valeria si incarna e trova applicazione il celebre aforisma di Antoine di Saint Exupery, tratto da Il piccolo principe: “È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante”.

E con l’opera di Grivel Serra è presto rivelato cosa accomuna questa rinnovata ed evoluta filialità: la Generazione Zoomer. La Gen Zed, quella dei nati tra il 1995 e il 2010, etichettata anche come Highlights Generation – per la convinzione, assolutamente stereotipata, che la capacità apprenditiva dei ragazzi passi soltanto attraverso pillole e brevi aforismi – oltre ad essere la generazione antroponimamente più vezzeggiata, è certamente la più cosmopolita ma con tantissima voglia di radici.

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