di Lorenzo Giannotti

Il Pd è il vero vincitore di questa tornata elettorale, mentre il nuovo Movimento di Conte è sempre alle prese con vecchi problemi: laddove non ci sono elezioni politiche i grillini non brillano, anzi in questo caso scompaiono. Le amministrative 2021 vedono i dem trionfare al primo turno a Milano (pur non essendo Sala iscritto, il partito è risultato primo della città meneghina) senza l’appoggio dei Cinquestelle (arrivati dietro Gianluigi Paragone!) e con il centrodestra allo sbaraglio (emblematiche le minacce di qualche settimana fa di abbandonare la corsa da parte di Luca Bernardo) e stravincere a Bologna con Matteo Lepore, candidato del partito di Letta con una lista pentastellata a supporto, senza la quale avrebbe comunque gioito.

A Torino il partito del Nazareno arriva primo al ballottaggio con Stefano Lo Russo assolutamente osteggiato dal Movimento torinese di Appendino. Si divide a metà la vittoria di Gaetano Manfredi a Napoli (che avrebbe trionfato anche senza i voti grillini) con il M5S. Nella capitale, la sfida più impervia, il Pd si piazza secondo con Roberto Gualtieri e raggiunge il ballottaggio in attesa di spilluzzicare un po’ dai voti di Calenda (terzo) e un po’ da quelli di Raggi (quarta e abbandonata da Conte e Di Maio intenti a festeggiare la vittoria partenopea).

A Trieste acciuffa il ballottaggio con Francesco Russo che se la vedrà con il sindaco uscente Roberto Dipiazza: qui i Cinquestelle fanno addirittura peggio dei no vax del Movimento 3 V. Il centrodestra, aiutato oltre il consentito dall’imbelle frazionamento del centrosinistra, si consola (ben poco) con la (ri)presa della Calabria a trazione forzista. Fra candidati sbagliati e partenze a rilento la destra incassa la sconfitta in attesa dei ballottaggi, sperando in Roma più che in Torino, le due città fino a ieri amministrate dai pentastellati.

Sei grandi città per sei uomini e nemmeno una donna che diventerà sindaco. Insomma, se Salvini e Meloni ne escono certamente ridimensionati, per il partito di Conte è stato un discreto bagno di sangue. Guai a confondere le elezioni amministrative con quelle politiche-politiche che verosimilmente, a oggi, vedrebbero trionfare il centrodestra a discapito di un asse Pd-Cinquestelle che se venisse smantellato ridurrebbe a lumicino le speranze di vittoria del comparto progressista.

Il voto di ieri dimostra però alcune cose:

1. Quando i cittadini si devono affidare direttamente e da vicino a questa destra cialtrona lo fanno poco volentieri, o per niente. E il sorpasso definitivo di Fratelli d’Italia sulla Lega.

2. La buona gestione del Pd, sempre abbastanza radicato nei territori – in sordina – da parte di Enrico Letta, vincitore delle suppletive a Siena.

3. La sconfitta su tutti i fronti di un M5S governista che pare avere futuro solamente grazie all’ancora alta popolarità del proprio capo politico.

Il governo Draghi dà (a Pd e Forza Italia), il governo Draghi prende (da Lega e Cinquestelle). Se l’attuale Presidente del Consiglio non dovesse traslocare al Quirinale nel 2022, anche la benevolenza che tanti cittadini, al netto della spropositata astensione che si è manifestata, hanno nei confronti di Conte non basterà per salvare i grillini da un lento e inesorabile declino.

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