Sei per tre fa diciotto. Dopo 6 partite ed altrettante vittorie sciolgo le riserve e dichiaro di aver visto il più forte e concreto Napoli dell’era De Laurentiis. Sono felicissimo ed inizio a sognare. Poi mi desto per evitare l’ennesima delusione.

Le delusioni, anche quelle del tifoso, è vero, fanno parte della vita. Gli psicologi dell’ovvio ribadiscono che uno dei rimedi per attutire gli effetti negativi di una delusione è quello di non darle troppo peso, evitando di parlarne e di pensarci (altrimenti la palla di neve diventerà sempre più grande e si trasformerà in una valanga) ma soprattutto, scoperta del cavolo, di concentrarsi sulle cose belle che ci succedono. E allora, nel rispetto di queste teorie, credo che il Napoli di De Laurentiis targato Spalletti abbia un timer di massimizzazione della efficienza impostato sulla durata di una annata calcistica. Non sto dicendo che il tecnico toscano resterà sulla panchina della squadra partenopea solo dodici mesi. Sto semplicemente analizzando la capacità di raggiungere il massimo obiettivo (non lo citerò mai) impiegando le risorse minimi indispensabili che il presidentissimo, confermando di essere il massimo artefice della storia della società degli ultimi quindici anni, gli ha messo a disposizione facendo quadrare conti e risultati sportivi.

Volendo semplificare, “ora o mai più”!

Tale analisi, al momento, si basa su due opposte visioni. La prima, influenzata dalla pancia del tifoso e quindi più istintiva, vuole credere ai grandi meriti di un allenatore che ha saputo trasformare le teste dei calciatori tirando fuori quella determinazione e quell’equilibrio che si traducono, almeno finora, in un diverso modo in cui gli stessi reagiscono alle avversità e in una nuova via per cercare tenacemente una soluzione e impegnarsi nel superamento degli ostacoli. La parte più difficile per un gestore di uomini che i precedenti coach (Benitez, Sarri, Ancelotti e Gattuso) non hanno saputo governare dal punto di vista psicologico. Si tratta di una rosa, quella azzurra, costruita negli anni ricercando qualità tecniche e tattiche e che ha raggiunto anagraficamente anche la maturità atletica.

Bingo! Perché Spalletti è soprattutto un allenatore di una competenza tecnica superiore alla media. Ho avuto conferma, durante delle informali chiacchierate, da calciatori che hanno lavorato con lui e che, testualmente, mi hanno riferito che “è il più preparato!”. Quindi se il mister di Certaldo davvero ha modificato la tenuta mentale sui tempi lunghi di Insigne e compagni, il grande limite del Napoli degli ultimi anni, approfittando anche di un livellamento verso il basso della forza delle squadre di vertice che hanno ceduto i migliori (Ronaldo e Lukaku) e che non hanno potuto acquistare top players per far respirare bilanci alla canna del gas, allora mi lusingo e spero.

L’altra prospettiva, invece, razionale e condizionata dal background professionale, già ribadita su queste colonne, si focalizza innanzitutto sulle anzidette limitate competenze psicologiche del 95% dei calciatori della rosa che, finora, non hanno garantito continuità nella produttività dei risultati (ogni cinque partite buone una cattiva, anche se l’avversario si chiamava Borgorosso FC). Fino al termine del campionato scorso avevo una certezza che faccio fatica (spero di sbagliarmi) a rimuovere: le stesse sfide venivano da pochi vissute come opportunità e da molti come insidie, le medesime difficoltà erano da pochi affrontate come occasioni per esaltare le proprie capacità e da tutti gli altri come incidenti in cui svelavano i propri limiti. E se si ripresentassero gli stessi problemi?

Ma c’è un ulteriore aspetto che mi induce ad essere cauto e a dire che l’allarme del timer non può essere fissato oltre maggio 2022: la presunta incapacità del mister, probabilmente amplificata dalla narrazione esasperata della vicenda Totti, di gestire i momenti difficili. Sempre gli stessi calciatori che lo hanno vissuto mi hanno confessato, che se la ruota gira male, va fuori di testa e spacca l’armonia del gruppo. Non voglio neppure immaginare gli effetti di un simile comportamento su Biancaneve e i sette nani, immagine con cui un mio caro amico identificava, per l’approccio ingenuo e leggero nei momenti topici, i calciatori del Napoli. Così come voglio cancellare dalla mia mente il conseguente scenario dei rapporti che si potrebbero sviluppare con il nostro fumantino presidente.

Freud diceva che “niente di ciò che abbiamo posseduto nella mente almeno una volta può andare completamente perduto.” Ma il tifoso inguaribilmente ottimista spera che anche il padre della psicoanalisi si sbagli. Tra l’altro è suo pure il copyright del famoso lapsus. Ora o mai più.

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