Nel calcio, i conti dei grandi club non sono mai stati così in rosso, i debiti arrivano ormai a quattro miliardi e mezzo e non è solo colpa della pandemia ma di anni di cattiva gestione delle spese. E anche lo sport di massa – quello praticato dai giovani e dalla gente comune – annaspa tra mille difficoltà. Lunedì 13 settembre, alle 21.20 su Rai 3, PresaDiretta con “Lo sport è un diritto”, entra nel mondo degli sportivi: dai campioni del calcio mondiale e le strutture futuristiche del calcio spettacolo, alle associazioni sportive dilettantistiche, la base dello sport italiano, dove i soldi non arrivano, neanche quelli dello Stato e tutto pesa sul bilancio delle famiglie.

Con la Superlega, dodici tra i club più ricchi e prestigiosi del calcio europeo, alla mezzanotte di domenica 18 aprile 2021, hanno lanciato una sfida epocale alle istituzioni calcistiche e in primis alla UEFA. Una sfida che si è tramutata in una battaglia legale: la Uefa ha annunciato pesanti sanzioni e sta aspettando il pronunciamento della Corte di giustizia Europea mentre Real Madrid, Barcellona e Juventus – i club ancora coinvolti – stanno ricorrendo ai tribunali. PresaDiretta ha ricostruito nel mondo inglese e italiano cosa è successo nelle 48 ore più tumultuose della storia del calcio, in cui la sfida è stata prima lanciata e poi ritirata. Una vera spy story.

Quali interessi si muovono veramente dietro allo sport più bello del mondo? Soldi, potere e il controllo dei futuri diritti televisivi. PresaDiretta entra nella battaglia finanziaria e nella contesa geopolitica tra le due aree che si stanno spartendo il calcio europeo e mondiale: da una parte i capitali americani legati a Wall Street, dall’altra i capitali dei Paesi arabi. Sono loro i nuovi padroni del calcio. È evidente che in gioco ormai, prima del pallone, ci sono i soldi. E che l’aspetto finanziario prevale su quello sportivo. Lo dimostrano i bilanci delle società di calcio, costantemente in perdita e costantemente alla ricerca di modi per incrementare i ricavi, anche in maniera fittizia, attraverso sponsorizzazioni e il boom delle plusvalenze che hanno raggiunto gli 800 milioni di euro l’anno. I quattro club più in rosso del calcio italiano Juventus, Roma, Inter e Milan raggiungono 1,4 miliardi di debiti. L’intero calcio italiano fattura 3,5 miliardi e ne spende 4,5. Non mancano i fallimenti, più di 150 negli ultimi anni nelle serie minori ma anche nella massima serie, ultimo in ordine di tempo il Chievo, tre anni prima il Cesena e nel 2015 il Parma. Tutti e tre i club sono stati sanzionati per le plusvalenze.

In esclusiva per PresaDiretta – intervistato da Alessandro Macina – parla per la prima volta in Tv, Pietro Leonardi, ex amministratore delegato del Parma, condannato in primo grado e radiato dalla giustizia sportiva per la bancarotta della società nel 2015, un buco da 200 milioni di euro. “Quando leggo i conti del calcio attuale mi viene da ridere. Ma soprattutto quando sento dichiarate posizioni debitorie incredibili. Perché se penso soltanto a come in fretta è finita una storia come quella del Parma. Si poteva fare un tentativo di salvarlo questo club, visto che leggo 300 400 500 milioni di posizioni debitorie degli altri. E ribadisco con forza me le faccio da solo le plusvalenze? Cioè domando solo io?”. “Anche la cessione del marchio – aggiunge – è qualcosa che è stata fatta da quasi tutti i club, anzi da tutti i grandi club”.

Non solo calcio. PresaDiretta si occupa anche dello sport di massa, quello praticato dai giovani e dalla gente comune dove non ci sono i grandi investimenti. Gli atleti che praticano sport a livello agonistico nel nostro Paese sono 12 milioni e mezzo, il 20 per cento degli italiani. Si dividono tra le 387 discipline riconosciute dal Coni e iniziano il loro percorso nelle associazioni sportive dilettantistiche, la base dello sport italiano. Avere un settore agonistico per un’associazione sportiva significa pagare trasferte, allenatori, assicurazioni, attrezzature e soprattutto l’impianto. Tanti costi e un’unica entrata: le rette pagate dalle famiglie. Ma con il Covid questo modello si è polverizzato. A Torino, ad esempio, alla reale società di ginnastica, la più antica di tutta Europa, per la prima volta si è dovuto ricorrere a una colletta per far partecipare la squadra di serie di ginnastica artistica femminile al campionato.

Mancano i soldi e anche gli impianti sportivi, soprattutto nel centro e nel sud Italia. E quelli esistenti sono vecchi e obsoleti, di proprietà delle amministrazioni locali e gestiti dalle associazioni sportive. Il 62 per cento degli impianti sportivi italiani risale agli anni ’80. E allora si ricorre alla buona volontà e ai soldi delle famiglie. Far frequentare un corso di calcio, di danza, di tennis o di nuoto, costa alle famiglie italiane tra i 600 e i 800 euro l’anno per ogni figlio. Non c’è da stupirsi se siamo ai primi posti in Europa per numero di bambini sedentari: uno su 5 non pratica sport e non fa movimento.

“Non abbiamo avuto mai la possibilità, per esempio, di accedere a dei voucher per le famiglie. Lo sport non è solo svago ma anche prevenzione, un corretto stile di vita”. Ivan Capozzi, fondatore della Società Athena Volley – intervistato da Sabrina Carreras – racconta le difficoltà della sua società di pallavolo senza politiche pubbliche sportive. Ivan a Scampia ha acquistato un pulmino per portare i ragazzi da casa nell’unico impianto sportivo pubblico disponibile: la palestra di una scuola. In dodici anni l’Athena Volley è arrivata ad avere 250 tesserati, 6 tecnici, 10 dirigenti e 2 certificazioni di qualità della federazione di pallavolo. E soprattutto è arrivata in serie C e tutto questo l’ha ottenuto con donazioni private, con l’autotassazione dei dirigenti e la partecipazione alle spese di metà degli atleti, l’altra metà si allena gratuitamente. “Lo sport è un diritto” è un reportage di Riccardo Iacona, Sabrina Carreras, Alessandro Macina, Paola Vecchia, Fabrizio Lazzaretti, Pablo Castellani, Lorenzo Calanchi. Lunedì 13 settembre, 21.20 Rai3.

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