Mangiare pane e pasta assieme è un gesto che oltre ad essere discutibilissimo a livello nutrizionale è orripilante anche a livello estetico, almeno in Italia. Sì perché l’estetica nel nostro paese è importantissima, lo è anche nel calcio. Lo è stata nel Milan di Berlusconi e Galliani, notoriamente amanti della bellezza e dei giocatori in grado di declinarla al meglio in campo: da Roby Baggio al Genio Savicevic, fino a Rui Costa ad Alessandro Nesta e Andrea Pirlo si potrebbe riempire un articolo intero solo coi nomi dei poeti del pallone che hanno vestito la maglia rossonera. Ma no: questo articolo va nel senso completamente opposto. Certo, una squadra tra le più vincenti d’Europa non di sola bellezza poteva vivere (e vincere): con la concretezza dei Rino Gattuso, dei Carletto Ancelotti, dei Massimo Ambrosini e degli Stefano Eranio, con la ferocia di Pippo Inzaghi e Oliver Bhieroff si è forgiata l’arpa dei cantori del pallone… ma in rossonero c’è stato anche chi non si è iscritto né alla categoria dei concreti né a quella dei belli. Sgraziato, nel gioco e nell’aspetto pingue e con una tecnica tutt’altro che degna di nota, Javi Moreno da Silla (Valencia), soprannominato “El Raton” proprio per queste caratteristiche, è l’esempio perfetto.

Attaccante atipico: non potente, non tecnico…ma con un buon senso del gol…o almeno così dicono. Quando Galliani lo prende dall’Alaves lo storico giornale rossonero Forza Milan lo mette in copertina come “L’amico del gol”… Va detto che probabilmente Javi è stato abbastanza timido: ci ha messo molto per farci amicizia, col gol. Già perché dopo le giovanili col Barcellona le prime esperienze tra Cordoba, Yeclano e Alaves non sono granché 7 gol in tre anni e in una quarantina di presenze. Viene girato al Numancia, dove sembra rompere il ghiaccio: 18 gol in 38 presenze e a quel punto l’Alavès lo riprende. Iniziano due anni magici con la squadra basca che fa miracoli: in particolare nella seconda stagione Javi realizza 22 gol nella Liga, arrivando dietro Raul e Rivaldo nella classifica del Pichichi, ma soprattutto 6 gol in Coppa Uefa, portando la squadra allenata da Esnal in finale, persa col Liverpool solo ai supplementari. Quell’attaccante sgraziato e pingue attira le attenzioni dei grandi club: lo rivorrebbe il Barcellona, ma al Milan c’è Fatih Terim che stravede per lui e chiede alla società di fare un’offerta monstre per il centravanti e per il suo compagno di squadra, il terzino destro rumeno Cosmin Contra. Con 32 miliardi di lire il Milan se lo porta a casa: certo, lo spagnolo ha davanti a sé campioni come Andriy Shevchenko e Pippo Inzaghi, ma confida di ritagliarsi il suo spazio.

“L’amico del gol” mostra nuovamente timidezza in campionato: ma le cose in Europa vanno meglio. Nel primo turno di Coppa Uefa segna sia all’andata che al ritorno col Bate Borisov, si ripete a dicembre con lo Sporting Lisbona… ma in campionato divora gol e con la sostituzione di Terim con Carletto Ancelotti scivola ai margini, con l’altro spagnolo Josè Mari che gli viene preferito. A gennaio trova spazio in Coppa Italia: segna contro la Lazio sia all’andata che al ritorno, con una doppietta e poi all’andata della semifinale, contro la Juve. In campionato finalmente si sblocca contro il Venezia: doppietta, e un battibecco coi suoi tifosi dopo aver festeggiato il primo gol facendogli segno di tacere per poi chiedere scusa. Ma la parte restante della stagione la vive ai margini: insomma, il rapporto di amicizia col gol, in Italia, non è sbocciato…e neppure con le sue tradizioni visto che lo raccontano abituato a mangiare pane assieme alla pasta. Viene ceduto all’Atletico Madrid: è un altro flop, così passa al Bolton, dove avrà sorte identica e poi al Saragozza, ma neanche questa esperienza sarà rosea. Ritroverà l’amicizia col gol a Cordoba, per poi chiudere la carriera da calciatore e cominciare quella da allenatore. E oggi compie 47 anni il Ratòn: amico del gol, ma solo per una stagione.

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