Nel mondo della finanza James Simons è una sorta di divinità. Brillante matematico è stato il primo a utilizzare fondi quantitativi basati su algoritmi e gestiti quasi completamente da computer. In partica l’unica opzione concessa agli umani era “staccare la spina”. I risultati gli hanno dato ragione. Il suo fondo Medallion (il nome è un omaggio al celebre premio medaglia Fields, una sorta di Nobel per la matematica) ha registrato tra il 1988 e il 2018 guadagni medi annui del 39%. Meglio di altri e più noti nomi della finanza come George Soros, Warren Buffet o Ray Dalio. Recentemente a Simons è stato dedicato un libro-tributo dal significativo titolo “The man who solved the market”, l’uomo che ha sconfitto il mercato. Ma un tributo, e anche bello grande, Simons si appresta ora a pagarlo al fisco statunitense che, da tempo, sta scrutinando alcune pratiche dei fondi gestiti dal finanziere.

Simons, che ha lasciato le cariche operative nel 2018, starebbe per staccare un assegno da 7 miliardi di dollari per chiudere, a titolo personale, i contenziosi con l’Internal Revenue Service, agenzia governativa del fisco. A questi si aggiungerebbero altri 670 milioni di dollari per un altro contenzioso. Si tratterebbe del maggior pagamento di questo genere della storia. Il primo a darne notizia è stato il Wall Street Journal. Medallion è un fondo relativamente piccolo, riservato a dipendenti del gruppo e familiari (oltre a qualche investitori ammesso su invito) che gestisce “solo” 15 miliardi di dollari. C’è anche però anche Renaissance, che è invece il fondo per investitori esterni. Le pratiche messe sotto accusa dall’agenzia fiscale riguardano operazioni finanziarie che, tra il 2005 e il 2015, hanno consentito di trasformare guadagni speculativi a breve termine in profitti di lungo periodo che sono tassati meno dei primi. A strutturare l’operazione avrebbero contribuito Deutsche Bank e Barclays.

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