L’Italia è grande, tra le grandi d’Europa. Lo è diventata stasera. Lo era già da un po’, dall’inizio di questi Europei giocati come forse nessun altro, già da un paio d’anni come testimoniano i 32 risultati utili consecutivi. Doveva solo capirlo. Serviva la gara della consapevolezza, della maturazione azzurra. Il Belgio, semifinalista mondiale, prima del ranking, favorito. Spazzato via, 2-1. Col gioco del ct Mancini e le giocate dei suoi campioni: Insigne, il numero 10 finalmente all’altezza di quella maglia in una serata decisiva. Barella, centrocampista di livello mondiale al cospetto di De Bruyne, il re dei centrocampisti. La vecchia difesa all’italiana e un calcio mai così moderno. Così la nazionale è in semifinale.

Per una sera, il Belgio di Lukaku è sembrato piccolo piccolo, e persino il temutissimo centravanti dell’Inter meno gigantesco del solito, stretto nella morsa di Chiellini e Bonucci ma forse anche un po’ nei complessi della sua nazionale. È il limite di questa generazione d’oro belga, che non ha vinto e a questo punto probabilmente non vincerà nulla d’importante. Sempre per gli stessi difetti, una difesa troppo lenta, un paio di elementi non all’altezza in ruoli cardine, ma anche la mancanza di idee del ct Martinez e di personalità delle sue stelle. Forse non è un caso che il migliore dei suoi, per distacco, sia stato la sorpresa Doku, classe 2002, che non ha nulla a che vedere con la nidiata di Hazard &Co. Ma basta parlare degli avversari: i meriti di questa vittoria, di questa semifinale dal valore inestimabile dopo l’apocalisse di Ventura e dei Mondiali mancati nel 2018, sono tutti della nazionale di Mancini.

L’Italia ha dominato nel gioco, nello spirito e nella personalità una sfida titanica, che avrebbe dovuto essere equilibrata e alla fine lo è stata sì, ma solo nel punteggio, e negli episodi. Invece la partita l’hanno condotta sempre gli azzurri, fin dall’inizio, quando Bonucci aveva già segnato (ma in fuorigioco), e poi dal doppio vantaggio nel primo tempo che sembrava aver spianato la strada verso la semifinale, prima di qualche complicazione di troppo.

Due squadre forti, una più dell’altra. Si temono, all’inizio si aspettano. Ma in realtà è soprattutto il Belgio che attende: anche bassissimo, per non concedere agli azzurri i tagli alle spalle della difesa, ma così concederà tutto il resto, per quasi tutta la partita. Il ct Martinez si affida al totem Lukaku e alla classe di De Bruyne, che c’è nonostante la pretattica della vigilia, sta bene e si vede, riparte un paio di volte nel primo tempo, quando il punteggio è ancora in equilibrio e Donnarumma è costretto a un paio di grandi parate. Ma nonostante le occasioni avversarie il pallino è sempre in mano agli azzurri. Arriva così, e non per caso, il vantaggio della nazionale. A proposito di grandi centrocampisti, grazie a Barella: nel guizzo con cui sfugge in mezzo all’area a tre avversari e incrocia di destro c’è tutto, classe, intuito, caparbietà.

Il Belgio comincia a sbandare, sbaglia qualche appoggio, sbuffa, scrolla le spalle, sente tutto il peso dei suoi limiti. Vacilla sulle occasioni di Chiesa e Immobile, affonda sul 2-0 col capolavoro di Insigne, destro giro all’angolino, il suo marchio di fabbrica. Nel primo tempo perfetto degli azzurri, l’unico errore, lo stesso in fondo anche della ripresa, è non avere la freddezza di chiudere i giochi. Anzi, di riaprili con l’ingenuità di Di Lorenzo, che subito prima dell’intervallo commette un mezzo fallo in area su Doku che gli era scappato via. Basta e avanza per fischiare rigore e a Lukaku per accorciare.

Sul 2-1 invece che sul 2-0, l’Italia riparte esattamente da dove aveva lasciato. Con un giro palla elegante e incisivo, tecnica e personalità. La nazionale resta in pieno controllo, le sue trame a volte sono magnifiche, ma poco concrete, mentre Doku continua a scappar via sulla sinistra a Di Lorenzo e per ben due volte mette Lukaku a un paio di centimetri dal pareggio, che non sarebbe stato nemmeno meritato. Così un finale che poteva essere trionfale diventa quasi drammatico, con le lacrime di Spinazzola, costretto a uscire in barella. Lui, che è stato il miglior azzurro di questi Europei, pensa all’Europeo dell’Italia che proseguirà senza di lui. Nei sette minuti di recupero serve un finale da vecchia Italia, quella del catenaccio, della sofferenza e dei palloni spazzati in tribuna. Serve anche questo per diventare grandi. E per arrivare a Wembley, in semifinale contro la Spagna. L’Italia è fra le prime quattro d’Europa, poi chissà.

Twitter: @lVendemiale

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