Lasciamo pure perdere l’orrenda comparsata televisiva di Beppe Grillo (a dimostrazione che anche i più celebrati “giustizialisti”, quando vengono colpiti personalmente, riescono a convertirsi fulmineamente al più squallido “garantismo” pur di salvare la cotenna), ma la sostanza di tutto quello che è nella storia del M5S, e di Grillo in particolare, dice chiaramente (a chi ne capisce di partiti, imprese o organizzazioni complesse) che Grillo a questo punto, per il bene suo, del M5S e dell’Italia, deve farsi da parte e cedere il potere di vertice esecutivo del Movimento a Conte.

Non serve a niente in questi casi reclamare la propria genialità visionaria, prima di tutto perché è una qualità che può servire molto all’inizio ma poi, per continuare a crescere e raggiungere stabilità sui livelli più alti serve molto di più: serve una grande guida e una grande organizzazione.

Questo l’ha capito molto bene Giuseppe Conte, anche se nemmeno lui ha mai fatto l’imprenditore. Grillo invece si illude ancora di poter guidare dall’esterno un grande partito servendosi di volenterosi, ma scarsamente capaci, collaboratori (nel M5S però molti sono cresciuti in fretta in questi pochi anni).

Il pericolo del disastro viene proprio da lui, che non vuole mollare la sua privilegiata posizione di “fondatore” e, per puro egoismo, preferirebbe ora perdere tutto piuttosto che lasciare in eredità agli italiani quello che loro gli hanno dato in prestito, ed ora lui crede che sia diventata sua proprietà.

Di suo nel M5S c’è solo l’invenzione, e la splendida interpretazione, del “Vaffa”, sintonizzato perfettamente su ciò che, da anni ormai, chiedeva la gente, specialmente quella di “sinistra”. Il resto, sul piano ideologico e tecnologico, appartiene ai Casaleggio (soprattutto il padre), che proprio attraverso la tecnologia hanno pensato di poter realizzare da subito la “Democrazia Diretta”, un sogno la cui realizzazione richiederà, a mio avviso, forse diversi secoli ancora, ma solo se tutto verrà fatto per bene (il che appare quasi impossibile).

Sul piano politico, invece, di geniale Grillo non ha fatto niente. Anzi, ha proprio sbagliato tutti i passaggi più importanti fin dall’inizio.

Il primo gravissimo errore (pura arroganza politica) l’ha fatto trattando Pier Luigi Bersani come se fosse un mendicante (forse l’unico, tra i tanti politici in circolazione, che proprio non se lo meritava) aprendo così la strada a Matteo Renzi (che nel vuoto politico dei 5stelle ha imperversato a suo piacere per anni).

Poi, pensando di averne diritto, ha più volte trattato con sgarbo le istituzioni democratiche italiane, pretendendo e ottenendo di fare a casa sua incontri di vertice per la formazione di governi (è accaduto sia per il “giallo-verde” che per il “giallo-rosa”).

All’inizio del governo “giallo-verde” ha pubblicamente dato tutti i maggiori poteri politici che spettavano al M5S a Luigi Di Maio, ma glieli ha poi tolti (umiliando pubblicamente in modo inconcepibile quello che era a quel tempo il principale personaggio politico dei 5stelle, senza che le colpe fossero veramente sue).

Pur non ricoprendo alcuna carica istituzionale, né nel Parlamento né nel Governo, ha giostrato a sua discrezione l’intera politica del paese per quasi tutta la legislatura senza avere alcuna investitura formale. Il capo dello Stato e i media hanno sorvolato su questo problema sapendo che Grillo era in buona fede, ma quell’anomalia non può durare all’infinito. Adesso vorrebbe imporre a Conte quello che è un potere autoritario senza precedenti nella nostra democrazia, inserendo un livello di potere esterno alle istituzioni che non esiste nella nostra Costituzione (e in nessuna Democrazia parlamentare).

Il ruolo di “Garante” sulla linea del partito è esistito di fatto da parte di molti personaggi in ogni tempo della nostra Repubblica, ma non può essere scritto in modo formale da nessuna parte, essendoci già tutti i livelli di garanzia scritti nella Costituzione e negli Statuti dei singoli partiti che stabiliscono in modo dettagliato la loro democrazia interna.

Chiunque, non solo lui, può dare consigli e giudizi non vincolanti al rinnovato Movimento (che probabilmente cambierà nome) ma a nessuno può essere concesso di modificare quello che è stato deciso in quelle regole.

Non capire questo significa non capire la Democrazia, tantomeno se fosse (ma non lo è per ora, neanche un po’) una democrazia diretta.

Lo Statuto scritto da Conte, dalle indiscrezioni finora filtrate, è un ottimo lavoro, che contiene già molti dei desideri suggeriti dal fondatore, capace quindi di dare una buona spinta al recupero di un partito altrimenti destinato a sfasciarsi.

Se insiste a voler inserire la sua figura di “garante esterno” nello Statuto del Movimento, sarà come voler fare atterrare un pesante elicottero sulla plancia di un naviglio che attualmente sta appena a galla. Se lo pretenderà, il Movimento sprofonderà e lui stesso non potrà più garantire niente a nessuno.

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