Dimesso l’ultimo paziente il reparto di terapia intensiva Covid “chiude per ferie”. Accade all’ospedale San Filippo Neri di Roma dove a piccoli passi si torna alla normalità. “Siamo tutti contenti che sia finita questa triste avventura, ma ora ci stanno arrivando addosso tutti i mesi che abbiamo trascorso con il covid” racconta la coordinatrice infermieristica, Maria Pia Clasadonte. Saluti, abbracci e occhi lucidi: la riconversione del reparto avviene in un clima “da reduci di guerra”. Lo spiega il primario e direttore UOC Anestesia e Rianimazione San Filippo Neri, professor Mario Bosco: “Ci troviamo in una situazione psicologica quasi paradossale e cioè dopo la carica adrenalinica adesso siamo qui a riflette su quanto è accaduto”.

Oltre quattrocento i pazienti seguiti dallo scorso ottobre. “La mortalità è stata superiore del 50%”, rivela il primario. “C’è stata una prima fase ad ottobre – prosegue il professor Bosco – in cui i pazienti arrivavano già in condizioni molto gravi e non essendoci ancora la possibilità di vaccinare le persone, l’età media era alta”. Tuttavia anche al termine delle vaccinazioni dei più anziani, tra gennaio e febbraio, quando l’età dei pazienti si è abbassata, la mortalità è stata elevata. “Abbiamo avuto una mamma di 42 anni che ci diceva di essere disposta a fare tutto pur di ritornare da sua figlia” racconta la caposala Clasadonte. La donna non ce l’ha fatta, come tanti altri pazienti tra i quaranta e i cinquant’anni. Parlarne per il personale ospedaliero non è facile. L’infermiera Laura Papagni si affida alle lettere che ex malati e parenti hanno spedito all’indirizzo del reparto: “A ciascuno di voi rivolgo il mio più sincero ringraziamento. Se sono riuscito a sconfiggere il covid-19, lo devo soltanto a voi”.

Ora l’ospedale San Filippo Neri tornerà covid free. “Contiamo di ritornare ad un’attività chirurgica pari o anche superiore” dichiara il direttore Bosco. Dopo l’esperienza del coronavirus, il nosocomio romano ha deciso di aumentare le proprie risorse con anche un concorso per arruolare nuovi anestesisti. “Ma è necessario rafforzare l’attività sanitaria nell’ambito territoriale” avverte il professore. Senza dimenticare il contributo della ricerca scientifica, così “da ritornare ad essere una nazione all’avanguardia”.

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