Il problema del funding (raccolta di fondi) per svolgere attività creditizia (prestare denaro) rappresenta, da sempre ma ancor di più negli ultimi 10 anni, la maggiore preoccupazione per la redditività delle banche.

Qualche settimana fa ho sottolineato, così come ampiamente raccontato nel mio ultimo libro Salviamoci!, che tanta liquidità (circa 1.700 miliardi a novembre 2020) sui conti correnti e libretti di risparmio rappresentava una “preoccupazione” per il sistema bancario che, nella sua versione meno nobile, si trasformava poi in opportunità per politiche commerciali aggressive a danno dei risparmiatori. Su Linkedin un professionista-lettore ha stigmatizzato la riflessione come “poco appropriata” ribadendo che il credito non presuppone raccolta, non ha ad oggetto la materia prima denaro.

Premesso che la considerazione evidenzia a mio avviso una assoluta mancanza di esperienza in quel mondo (non avrà mai sentito le urla degli amministratori delegati e dei direttori generali quando la mattina arrivano i report che evidenziano il calo della raccolta), su queste basi di confronto tento di rispondergli affrontando un tema di cui si parla molto poco e che potrebbe fornire, con opportuna traduzione dal “banchese”, la risposta tecnica: l’obbligo per le banche, introdotto dalla Commissione europea, di rispettare, oltre al più volte commentato Core Tier 1, un altro indice di liquidità per ridurre i rischi del dissesto.

Traduzione: per non far fallire una banca e rischiare di non restituire i soldi a chi li ha depositati dopo una vita di sacrifici e di risparmi occorre controllare gli istituti di credito sulla base di un indicatore che ti segnala il pericolo, un po’ come quello che hai sul tuo smartphone e che ti segnala che la batteria del telefono si sta scaricando.

Questo indice è il Net Stable Funding Ratio (Nsfr) e punta a rafforzare la capacità di una banca di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, su un più lungo orizzonte temporale (un anno).

Traduzione: questo indicatore deve fare una previsione di ciò che potrebbe succedere ai miei risparmi se tra un anno un terremoto facesse crollare l’edificio dove stava la cassaforte con i miei soldini.

L’Nsfr è definito come il rapporto tra l’ammontare disponibile di provvista stabile (Available Amount of Stable Funding, Asf) e l’ammontare obbligatorio di provvista stabile (Required Amount of Stable Funding, Rsf). Anche qui, il requisito imposto è che tale rapporto sia maggiore del 100%. L’orizzonte temporale considerato per valutare la provvista stabile è di un anno. Per provvista stabile si intendono “i tipi e gli importi di capitale di rischio e di debito che si ritiene costituiscano fonti affidabili di fondi su un orizzonte temporale di un anno in condizioni di stress prolungato”.

L’ammontare disponibile (Asf) di questa provvista è quella parte di patrimonio e di passività che è ritenuta essere ‘‘affidabile’’ (cioé che non va via) entro l’anno: capitale, azioni privilegiate con scadenza uguale o superiore all’anno, passività con scadenza pari o superiore l’anno.

L’ammontare obbligatorio (Rsf) è invece l’ammontare di provvista richiesto all’intermediario dal comitato di Basilea. Tale ammontare è calcolato in funzione di alcune caratteristiche delle attività detenute e delle esposizioni fuori bilancio, quali per esempio la vita residua o altre caratteristiche di liquidità. Esso è composto dagli investimenti in “attività meno liquide” che approssimano la necessità di funding stabile, quali azioni e obbligazioni, prestiti, immobili, partecipazioni e operazioni fuori bilancio.

Traduzione: è una frazione il cui valore deve essere superiore a 1 (quindi il numeratore deve essere superiore al denominatore). Al numeratore abbiamo la somma di risparmi che i cittadini hanno depositato in banca con l’obiettivo di prenderseli dopo un periodo di tempo almeno superiore a un anno, mentre al denominatore abbiamo la somma minima di soldini che la banca deve tenere a disposizione di questi stessi cittadini nell’eventualità che questi rivogliano indietro i loro risparmi.

Questo “salvadanaio” di cautela (denominatore) viene calcolato tenendo presente che la banca quei risparmi li ha prestati ad altri cittadini che potrebbero non restituirli più per effetto della crisi economica. Questo indice impatterà, nei prossimi mesi, negativamente sui già disastrati bilanci delle banche per effetto di una atavica (e consapevole) distorsione nell’utilizzo del funding e della conseguente trasformazione delle scadenze di cui, finora, non si è mai parlato e che ha inciso, nel mancato rispetto delle leggi di bilancio, positivamente nella creazione per le banche di quel po’ di reddito negli ultimi anni. L’attività bancaria finora ha, infatti, tratto profitto da investimenti a medio-lungo termine (mutui e prestiti oltre 18 mesi) a fronte di una raccolta a breve termine (entro 18 mesi) che solitamente avviene a un tasso più contenuto.

Traduzione: poche banche riusciranno ad avere quell’indice con valore superiore a 1 perché hanno preso i soldi che i cittadini hanno depositato con l’obiettivo di poterne chiedere il rimborso anche domani e li hanno prestati ad altri cittadini (già in difficoltà economica) che devono invece restituirli dopo tanto tempo. Con la conseguenza che con l’introduzione dell’Nsfr potremmo osservare una ulteriore diminuzione dei prestiti (già pochissimi) erogati dalle banche ai cittadini e potrebbe aumentare il rischio di non riavere più indietro i soldi depositati. Qui non c’è bisogno di traduzione.

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