Un funzionario del World Food Programme delle Nazioni Unite (Wfp) è il primo indagato nell’inchiesta della Procura di Roma sull’uccisione dell’ambasciatore italiano nella Repubblica democratica del Congo, Luca Attanasio, e del carabiniere che viaggiava con lui nel convoglio, Vittorio Iacovacci, morti il 22 febbraio scorso in quello che si presume fosse un tentativo di sequestro. L’uomo, cittadino congolese e responsabile della sicurezza della spedizione, è accusato di omesse cautele.

Una decisione, quella presa dal procuratore Michele Prestipino e dal sostituto Sergio Colaiocco dopo aver interrogato il funzionario, che segue i dubbi sorti già nelle ore successive all’agguato di un gruppo di uomini nel territorio del Nyiragongo, lungo la pericolosa strada per Rutshuru, e relativi alle scarse misure di sicurezza adottate per affrontare un viaggio in una delle aree più pericolose del Paese, continuamente soggetta ad attacchi di gruppi estremisti e bande armate e dove poche settimane dopo ha perso la vita anche Williams Mulahya Hassan Hussein, il magistrato a capo del tribunale militare di Rutshuru, nel Nord Kivu.

Le auto del Wfp a bordo delle quali viaggiavano i componenti del convoglio, che si stavano dirigendo verso alcuni villaggi per distribuire cibo alle popolazioni più disagiate, non erano blindate e non c’era di fatto una vera scorta armata, un elemento considerato insolito vista la pericolosità della zona attraversata. Nonostante ciò, dall’Agenzia Onu avevano fatto sapere che “la strada da Goma era considerata sicura per il viaggio al momento della missione, se ci fosse stato qualche dubbio sulla sicurezza avremmo preso altre misure. I protocolli sono stati seguiti. La nostra valutazione è stata che la strada fosse ‘verde’, sicura, e che non fosse necessaria una scorta armata o un veicolo blindato“.

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