Il 31 maggio 2021 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge 28 maggio 2021, n. 76. Questa legge contiene l’articolo 11 ter che reca come titolo “Misure urgenti per le baraccopoli di Messina”, perché ad oltre cento anni dal terribile terremoto che sconvolse Messina nel 1908, ci sono 2300 famiglie che vivono in baracche in gran parte in un contesto ambientale e sanitario incompatibile con condizioni di vita decenti.

Il tutto era iniziato con alcune proposte di legge presentate dai deputati messinesi Siracusano (Forza Italia), D’Uva (M5S) e Navarra (Pd) che avevano portato nelle settimane scorse ad un testo base, ma che non prevedeva e neanche citava un piccolo particolare: che ad ogni baracca abbattuta corrispondeva una famiglia alla quale garantire un passaggio da casa a casa. Un tema sollevato a Messina dall’Unione Inquilini, da Articolo Uno e anche da appositi emendamenti presentati dalla deputata Muroni del Gruppo Facciamo Eco – Federazione dei Verdi e vice presidente della VIII Commissione ambiente.

Nel frattempo al Senato in sede di discussione del dl Covid 44/2021, il Governo, ovvero la Ministra Mara Carfagna presentava un emendamento che poi è diventato l’articolo 11 ter della legge 76/2021, che ha precluso l’iter del testo alla Camera. L’articolo 11 ter dispone che il Prefetto sia nominato Commissario straordinario, al fine di procedere all’abbattimento delle baracche, al risanamento ambientale e sanitario e per fortuna, a differenza del testo degli sbadati deputati messinesi, alla ricollocazione delle 2300 famiglie. Altra differenza che segnalo è che l’articolo 11 ter prevede uno stanziamento di 100 milioni in due anni mentre le pdl della Camera prevedevano uno stanziamento di 200 milioni in due anni.

Tutto bene? Mica tanto, perché chiarito che il risanamento dei siti degradati di Messina è da sempre un obiettivo da perseguire, così come l’eliminazione delle condizioni abitative e sociali incivili e inadeguate, serve chiarezza e non strumentalizzazione politica. Uno dei punti basilari è che l’abbattimento delle baracche deve essere contestuale al passaggio da casa a casa. Senza prevedere politiche dei due tempi: prima si abbattono le baracche, dopo si avranno le case e nel frattempo le famiglie vengono messe in situazioni alloggiative precarie. Questo sarebbe inaccettabile, un inganno nei confronti di chi da anni vive in una condizione incivile.

In secondo luogo, deve essere chiaro che le famiglie devono avere un passaggio diretto ad una casa di edilizia residenziale pubblica a canone sociale e i relativi progetti devono essere partecipati e condivisi con le rappresentanze dei residenti e le OO.SS. in quanto dalle baracche non sarebbe accettabile passare a nuovi ghetti, con casette il legno o container, che riprodurrebbero emarginazione e degrado.

Ora, detto questo, la domanda che viene spontanea: come si può realizzare l’abbattimento delle baracche, il contestuale passaggio delle 2300 famiglie in case popolari, e il risanamento ambientale e sanitario, con 75 milioni di euro nel 2021 e 25 milioni di euro nel 2022? Tenuto conto che a Messina il costo a mq varia tra i 650 euro a 1150, per alloggi medi di 60 mq, il costo anche di eventuali acquisti di alloggi sfitti assorbirebbe l’intera dotazione economica della legge e anche se questa raddoppiasse in ogni caso sarebbe insufficiente a completare il risanamento. Da qui la preoccupazione che si avvii una politica dei due tempi, prima abbatto le baracche e le famiglie le metto in situazioni emergenziali in attesa di realizzare un piano casa che oggi non c’è. Se così fosse sarebbe una inaccettabile sciagura sociale e politica. Con tutta evidenza occorre, quindi, chiarezza e trasparenza.

Le mobilitazioni dei residenti e quella dell’Unione Inquilini continueranno oggi ancora più di ieri, affinché il risanamento sia effettivo e comprenda come elemento essenziale il passaggio da casa a casa, contestuale all’uscita dalle baracche, in una condizione abitativa finalmente adeguata, che garantisca servizi e diritti sociali.

Infine, ma non di minore importanza, nel corso delle audizioni in Commissione ambiente alla Camera l’Unione Inquilini dichiarò che fosse sciolto definitivamente il nodo delle risorse della legge regionale 10/1990, ovvero una precedente legge sul risanamento di Messina, all’epoca finanziata con 500 miliardi di lire. Ebbene ad oggi, a detta di Unione Inquilini, sembra non siano state impegnate risorse pari ad un quinto della cifra complessiva originariamente stanziata per Messina, ovvero oggi decine di milioni di euro, risorse pubbliche di cui Messina avrebbe tremendamente bisogno, in particolare i residenti storici delle zone di risanamento. Ma oltre alle risorse non spese, con le somme utilizzate che ci hanno fatto, se siamo dovuti ricorrere ad una nuova legge nel 2021? Anche su questo andrebbe detta una parola di chiarezza e trasparenza.

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