Ai primi di marzo, proprio all’inizio della pandemia, una ventina di organizzazioni provenienti da mondi di riferimento e sistemi di competenze molto diversi tra loro hanno deciso di mettersi insieme per progettare un “pezzo di futuro” del Paese. È nata così la Rete permanente dei Beni Comuni, che ha l’ambizione di elaborare una “terza via” rispetto ai principi dello statalismo e del liberismo, proponendo “un’economia comunitaria e a controllo diffuso, sostenibile e generativa”.

Come si legge nel Manifesto, che è stato presentato a Messina al termine della prima assemblea nazionale (4-5 ottobre) per il lancio dell’organizzazione, “tale forma economica intende tutelare i beni comuni da politiche speculative e di breve termine, aiutandone l’identificazione, la valorizzazione, lo sviluppo e l’accesso a tutti e per tutti”. Per beni comuni – “da tutelare sia dalla depauperazione da parte dell’amministrazione pubblica, sia dalla speculazione privata” – s’intende il capitale naturale (acqua, suolo e sottosuolo, aria); il patrimonio culturale e paesaggistico, le infrastrutture fondamentali per i cittadini, il capitale umano e la conoscenza (informazione, educazione, scuola, famiglia, comunità), il welfare, la qualità della vita nelle città, la giustizia e la tutela della privacy e dei profili digitali personali.

Tra i firmatari del Manifesto per la “Costituzione di una rete permanente per i beni comuni, la conversione ecologica e le generazioni future” ci sono Alleanza della Generatività, AlterLab, Associazione CommON, Asvis, Comitato Rodotà, Confcooperative-Federsolidarietà, Favara Cultural Park, Fondazione Finanza Etica, Fondazione Horcynus ORCA, Fondazione Riusiamo l’Italia, Forum delle Associazioni Familiari, Forum del Terzo Settore, L’incontro, L’Italia che cambia, On! Impresa Sociale, Vita, R&P Legal, Slow Food Italia, Social Innovators Community e Fondazione Symbola.

“Si tratta di avviare un processo di trasformazione del nostro modello di economia e di società, superando la dicotomia storica pubblico vs privato, ormai appartenente al secolo scorso”, rimarcano i firmatari del Manifesto. E ancora: “ L’obiettivo è costruire nuove forme economiche ed insieme un nuovo sistema sociale in cui la responsabilità delle comunità ritorni ad essere centrale nella vita dei territori e che sia in grado di attrarre competenze e risorse finanziarie dal pubblico, dal privato e dalla collettività. E questo richiede un nuovo protagonismo dei cittadini come singoli, ma soprattutto come comunità. L’incontro di Messina rappresenta il momento in cui si intende rendere pubblica l’attività da svolgere, consolidando la relazione tra le prime organizzazioni partecipanti e aprendo a nuove organizzazioni che condividano l’urgenza della tematica e che soprattutto siano disponibili a superare i propri interessi specifici di oggi, per il benessere collettivo delle generazioni future”.

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