Nel 2020 la filiale lussemburghese di Amazon, dove vengono convogliati i risultati delle divisioni Germania, Francia, Italia, Spagna, Olanda, Polonia e Gran Bretagna, non ha pagato neppure un euro di tasse. Ma va bene così. La Corte di giustizia europea ha infatti annullato la decisione della Commissione Ue che ha dichiarato il trattamento fiscale ricevuto dal colosso dell’e-commerce nel Gran ducato negli ultimi 17 anni incompatibile con le regole del mercato interno. Il Lussemburgo è in generale uno stato fiscalmente molto generoso nei confronti delle multinazionali e di questo campa. Soprattutto è specializzato nel creare trattamenti fiscali “su misura”, concordando le condizioni caso per caso con le singole società che hanno caratteristiche ed esigenze diverse. Una pratica di cui è stato energico promotore l’ex primo ministro ed ex presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker.

Nel 2003 due divisioni lussemburghesi di Amazon si sono accordate con il governo locale sul loro trattamento fiscale. In particolare venivano agevolate quelle operazioni di compravendita infragruppo di licenze e diritti di proprietà che sono uno dei modi classici con cui questi gruppi spostano i profitti nei paesi dove le tasse sugli utili non esistono. Nel 2017 la Commissione Ue ha affermato che il trattamento fiscale ricevuto da Amazon tra il 2006 e il 2014 si configura come aiuto di stato che viola le regole del libero mercato e ha chiesto al Lussemburgo di recuperare 250 milioni di euro in tasse non versate dalla società. Secondo la Corte di Giustizia europea le evidenze sottoposte non mostrano però “Nessun vantaggio selettivo in favore di una filiale lussemburghese del gruppo Amazon”.

Non che possa essere escluso ma, secondo il tribunale, la Commissione non ha dimostrato in modo giuridicamente adeguato che vi sia stata un’indebita riduzione dell’onere fiscale di una filiale europea del gruppo Amazon. “Accogliamo con favore la decisione della Corte” di giustizia europea, “che è in linea con la nostra posizione di lunga data secondo cui abbiamo seguito tutte le leggi applicabili e che Amazon non ha ricevuto alcun trattamento speciale”. Così in una nota l’azienda. “Analizzeremo attentamente la sentenza” della Corte Ue su Amazon “e rifletteremo su possibili mosse successive“. Così invece la “sconfitta” vicepresidente della Commissione Ue, Margrethe Vestager

Come molte multinazionali Amazon non rende noti gli utili o le perdite che registra nei singoli paesi in cui opera, non è peraltro obbligata a farlo. Secondo il centro studi di Mediobanca il gruppo statunitense ha ad esempio pagato in Italia tasse per 11 milioni di euro. Nei dati che diffonde ufficialmente tramite il suo ufficio stampa Amazon ha il vezzo di inserire nella cifra delle tasse pagate anche i contributi versati dai lavoratori creando così un effetto distorsivo.

La stessa Corte di Giustizia ha invece confermato la decisione che riguarda il gruppo francese dell’energia Engie che dovrà quindi restituire al Lussemburgo 120 milioni di euro in imposte non versate. Paradossalmente gli stati beneficiari di questi pagamenti non accolgono queste sentenze con favore perché incrinano la loro attrattività come paradisi fiscali in cui le aziende ambiscono a domiciliarsi. “Il Lussemburgo accoglie con favore la sentenza della Corte di giustizia Ue, nella causa con Amazon Eu Sarl, che conferma che il trattamento fiscale del contribuente in questione, ai sensi delle norme fiscali applicabili all’epoca, non costituisce aiuto di Stato”. Questa è la posizione ufficiale del Lussemburgo espressa tramite una nota del ministero delle finanze. Fa scuola il caso dell’Irlanda, con Dublino che si oppose alla decisione che obbligava Apple a versare nelle sue casse 13 miliardi di euro. Per anni il gruppo aveva pagato in Irlanda meno di un centesimo di euro di tasse per ogni I-phone venduto. Nel 2019 la Corte ha rigettato le richieste della Commissione di restituzione di imposte a favore dell’Olanda da parte di Starbucks (30 milioni di euro). Ha invece accolto la richiesta a carico del gruppo italiano Fca che ha dovuto versare al Lussemburgo tasse non pagate per 30 milioni.

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