Compromettendo pesantemente il tessuto sociale e produttivo, la gestione politica dell’emergenza sanitaria sta avendo anche un’altra importante conseguenza: amplificare i mali del capitalismo globale così da accelerare la riproposizione della conflittualità di classe su scala mondiale.

Non è un caso che ormai fiocchino inchieste e interviste della stampa nazionale e internazionale dedicate al fenomeno.

Un paio di mesi fa, con Mauro Del Corno abbiamo parlato proprio di questo, in un’intervista sul mio libro, La lotta di classe nel XXI secolo.

Il ritorno alla conflittualità sociale che ha condotto il nostro paese nell’era dei diritti e della dignità dei lavoratori pone molte sfide e interrogativi al sindacato, per troppo tempo rinchiusosi dentro il labirinto del mito della globalizzazione, all’interno del quale il capitale ha segnato passi obbligati verso vicoli ciechi, di modo tale da evitare che la forza collettiva dei lavoratori potesse muoversi con cognizione di causa, pur dandone l’illusione.

Così, tra un vicolo cieco e l’altro, tutti costruiti sull’idea dell’interesse superiore della competitività delle imprese, passo dopo passo il sindacato è stato normalizzato, lasciando dietro di sé importanti diritti e poteri che hanno avuto due conseguenze piuttosto ovvie: il crollo dei salari e la crescita della disuguaglianza sociale.

La transizione più che ecologica sarà sociale, e forse anche sindacale. Perché ormai nel mondo si è ben consapevoli che l’impoverimento generale dei lavoratori che prima stavano bene sta trascinando con sé anche il sindacato, al quale presto resteranno solo due opzioni: il ritorno alla sana conflittualità – che è poi la base dell’equilibrio tra classi riconosciuto dalle costituzioni democratiche – o l’irrilevanza. Quest’ultima l’anticamera della perdita di ruoli istituzionali, in un primo momento, magari, non nella forma ma solo nella sostanza, in un secondo momento anche nella forma, lasciando nudi i suoi leader agli occhi del popolo affamato di lavoratori.

Non è però il momento delle colpe, in fondo in molti si sono distesi sotto la calda coperta della “pace sociale”, ossia l’idea che non esiste più la contrapposizione di classe, e che il capitale è finanche in grado di assumere una coscienza collettiva di sé dividendo, con la bontà che d’altronde lo ha sempre contraddistinto sin dalla prima rivoluzione industriale, il bottino con la massa di lavoratori.

La stoccata è ovviamente al mondo politico, in particolare alla sinistra.

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